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Fase due dal 4 maggio in Lombardia? Sì, anzi forse no. Tutte le contraddizioni negli annunci della Regione

Coronavirus e Lombardia. Come si è passati, in pochi giorni, da "dati fuori controllo" all'annuncio della fase due, poi parzialmente ritrattato

La fase due in Lombardia comincerà il 4 maggio? Sì, forse, forse no. Sempre più lombardi sospettano che vi sia eccessiva manifestazione di contraddizione nelle dichiarazioni (e nelle scelte) di Regione Lombardia; purtroppo, come in altri casi passati, anche sulla cosiddetta fase due gli annunci sono diversificati giorno dopo giorno, e non si capisce perché; ma soprattutto si rischia di non capirci più nulla.

Sabato 4 aprile i lombardi apprendono che, dal giorno successivo, per uscire di casa saranno obbligati a indossare una mascherina o qualunque altro sistema per coprire naso e bocca. Fino a quel momento era tutto un discutere sull'efficacia delle mascherine chirurgiche, ffp2 con valvola, ffp2 senza valvola. D'improvviso vanno bene i foulard. Il 5, quando scatta l'obbligo, un nuovo annuncio: verranno distribuite tre milioni e 300 mila mascherine a partire dai giorni successivi. In tanti obiettano che sarebbe stato più virtuoso invertire l'ordine, ma tant'è. Mentre la gente si organizza come può, le mascherine vengono distribuite ai Comuni e alle farmacie, ma non arrivano se non dopo almeno una settimana. 

11 aprile. Librerie? Non in Lombardia

E siamo a sabato 11 aprile, vigilia di Pasqua. Il Governo dà il via libera all'apertura di librerie, cartolerie e negozi di articoli per bambini a partire dal 14. La Lombardia si mette sulle barricate e vara un'ordinanza restrittiva: negozi di articoli per bambini sì, librerie e cartolerie non se ne parla. Di più: la Regione consente l'apertura dei distributori automatici solo per case dell'acqua, latte sfuso e tabacchi. 

Lunedì 13 aprile (Pasquetta), a Fontana (ospite di un programma radiofonico) viene chiesto se la Lombardia sarà in grado di partire a maggio con la fase due. La risposta del governatore: «Aspetteremo quello che ci dicono i nostri esperti, i virologi e gli epidemiologi per capire l’andamento di questa curva che sta rallentando ma molto molto adagio. Io ero convinto che rallentasse più velocemente, ma mi auguro che sia una questione di giorni». In altri termini: la Lombardia non è pronta.

14 aprile. "Milano, dati ancora fuori controllo"

Per tutto il weekend di Pasqua, gli assessori regionali Gallera e Fabrizio Sala ripetono che i dati di Milano non sono ancora sotto controllo e che, soprattutto in quella città, troppa gente è in giro. Martedì 14 aprile il sindaco di Milano Beppe Sala scende in campo in "difesa" dei milanesi. In effetti i dati delle forze dell'ordine dimostrano che il 93-96% di coloro che vengono controllati fuori casa ha una buona ragione per trovarsi fuori casa.

Sempre il 14 aprile accade qualcosa che lì per lì non ha nulla di strano: alcuni assessori regionali si collegano in video conferenza con sei rettori universitari. Obiettivo della video conferenza, aprire un discorso sulla fase due. Nella comunicazione ufficiale si legge che il team avrà il compito di fornire un progetto sulla ripartenza, da presentare a un tavolo tecnico-politico in cui siedono sindacati, associazioni di categoria e capigruppo di maggioranza e opposizione in Regione.

15 aprile. "Fase due dal 4 maggio"

Passano ventiquattr'ore e, senza ovviamente che ci sia il tempo anche solo per redigere una pagina del progetto, mercoledì 15 aprile Fontana annuncia la fase due a partire dal 4 maggio: «La Lombardia guarda avanti e progetta la "nuova normalità" all'insegna della prevenzione, della cura e della programmazione. Dal 4 maggio, la Regione chiederà al Governo di dare il via libera alle attività produttive nel rispetto delle "Quattro D"».

La sorpresa è enorme. Tutta Italia si interroga sul perché di questa inattesa fuga in avanti. I dati sono ancora altalenanti e il numero di nuovi positivi al Covid-19 in Lombardia dipende da quanti tamponi vengono effettuati. Appena il giorno prima, le librerie in Lombardia non hanno riaperto per disposizione regionale. 

Nessuno fornisce un grafico che dimostri lo scampato pericolo, il che sarebbe una condizione essenziale per parlare di ripartenza a dieci milioni di lombardi (e sessanta milioni di italiani). Il sindaco di Milano stenta a credere a quanto legge, e non le manda a dire. Rivela che, solo la settimana prima, la Regione gli aveva chiesto un'ulteriore stretta sulla città capoluogo, e si era ragionato addirittura di sospendere i mezzi pubblici di superficie.

16 aprile. "Ancora in fase uno"

Giovedì 16 aprile, il giorno dopo l'annuncio della fase due, il vice presidente di Regione Lombardia Fabrizio Sala, leggendo i dati del giorno, dichiara: «Dobbiamo renderci conto che siamo ancora nella fase uno. Certo ci sono meno ricoveri, ma i decessi sono ancora troppi ed è necessario rispettare le regole il più possibile se vogliamo superare questa emergenza». I lombardi non ci capiscono più nulla. Nel frattempo esplodono le inchieste sul Trivulzio e sulle altre case di riposo (in tutta Italia, in verità). Sembra allucinante che ci si possa contagiare di Coronavirus in strutture che dovrebbero essere più che protette.

Ma ai giornalisti, che di mestiere fanno qualche domanda oltre a riportare i virgolettati, l'assessore al welfare Giulio Gallera replica duramente parlando di «molteplici azioni di gigantesca deformazione della realtà e di sciacallaggio politico e mediatico». Personalmente ricordo un giovane Gallera che, consigliere di zona per il Partito Liberale, andava a pulire gli autobus di Atm agli incroci per dimostrare quanto fossero sporchi. Ho tuttora un'ammirazione sincera per quel Gallera, circa ventenne, che da vero liberale stanava i malcostumi del servizio pubblico, piccoli o grandi che fossero, e li svelava alla cittadinanza.

18 aprile. "Non sappiamo quando partirà la fase due"

E veniamo all'epilogo di questa breve cronistoria. E' sabato 18 aprile. In Lombardia, nelle ultime ventiquattr'ore, sono morte 199 persone, portando il totale a 12.050, mentre i nuovi contagiati da Covid-19 a Milano città sono 95. Parliamo, come è noto, soltanto di morti e contagiati "certificati" con i tamponi. Sappiamo, ormai, che i reali morti e contagiati da Covid-19 sono molti, molti di più. Non si contano infatti le testimonianze come quella di Veronica o Laura, persone con sintomi da Covid-19 a cui non viene eseguito il tampone. E nel piccolo Comune di Cisliano il sindaco ha avviato i primi test sierologici. I risultati (parziali) parlano di 10-15% con anticorpi nel sangue.

Sono trascorsi tre giorni da quando Fontana ha annunciato che la Lombardia partirà il 4 maggio con la fase due. Ci si aspetta che la Regione comunichi, a questo punto, gli eventuali passi in avanti sulla programmazione della ripartenza. E allora suonano sorprendenti le parole del vice presidente della Regione Fabrizio Sala. Testualmente: «I dati di oggi ci fanno dire che il tasso è in decrescita, ma dovremo convivere per lungo tempo con questo virus: non sappiamo ancora quando partirà la fase due, ma sappiamo che partirà presto quanto più sapremo rispettare le disposizioni». Non sappiamo ancora? 

I lombardi senza paraocchi ideologici (e i paraocchi, sia chiaro, esistono a destra e a sinistra) iniziano a chiedere coerenza nelle scelte e nelle parole, ma anche attendibilità e programmazione anziché annunci che poi vengono modificati o addirittura ritrattati nel giro di giorni o di ore. Si chiedono che senso abbia parlare di dati fuori controllo e, subito dopo, annunciare una data per la fase due; che senso abbia annunciare una data per la fase due e, dopo tre giorni, affermare che non si sa quando partirà la fase due. Perché invece non effettuare una programmazione e, solo dopo e sulla base di dati consolidati, iniziare a parlare di ripartenza?

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