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Coronavirus, la rivolta dei parrucchieri chiusi fino a giugno: “Così si rischiano posti di lavoro”

Confartigianato ha calcolato che l'effetto combinato di mancati ricavi sarà pari a 1.078 milioni

"Solo un maschio poteva annunciare la riapertura dei parrucchieri il primo giugno. Cioè un lunedì": la scrittrice Nadia Terranova si limita a una battuta ironica sull'annuncio da parte di Giuseppe Conte del 1° giugno come giornata di riapertura dei parrucchieri, ma sui social è montata una vera e propria rivolta alimentata anche dalle indiscrezioni che fino alla vigilia del discorso del premier parlavano del 18 maggio come possibile data per la riapertura dei saloni di bellezza. "Ma Conte il calendario l'ha visto???", sbotta un utente, alludendo al fatto che, dopo il primo giugno, c'è il 2 giugno che è un festivo.

Di fronte al proliferare di battute, foto di capelloni alla Cugini di Campagna e vignette, che hanno fatto schizzare l'hashtag #parrucchieri ai primi posti nelle tendenze Twitter, c'è chi riporta la questione su un terreno dolorosamente concreto: "Voi scherzate ma i parrucchieri rischiano davvero di chiudere e molti di perdere il lavoro. Non si può tenerli chiusi ancora per un mese". Con i parrucchieri si schiera anche il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori: "Riapre il gioco d'azzardo ma bar, ristoranti e parrucchieri restano chiusi fino all’1 giugno. Tre mesi e mezzo senza incassi: ma chi li regge? Si fissino criteri, distanze, capienze massime, ma si dia a questi operatori la possibilità di tornare al lavoro", sottolinea Gori. "Il 1 giugno riaprono i parrucchieri, peccato non esisteranno più perché saranno tutti falliti", gli fa eco la giornalista di 'Quarto Grado' Sabrina Scampini.

Confartigianato con i parrucchieri

"Incomprensibile e inaccettabile". Così il segretario generale di Confartigianato Cesare Fumagalli definisce la decisione del Governo di rinviare al primo giugno la riapertura di acconciatori e centri estetici.

"Con senso di responsabilità - sostiene Fumagalli - abbiamo elaborato e presentato tempestive proposte dettagliate su come tornare a svolgere queste attività osservando scrupolosamente le indicazioni delle autorità sanitarie su distanziamento, dispositivi di protezione individuale pulizia, sanificazione. Proposte che penalizzano fortemente le nostre possibilità di ricavo, ma siamo consapevoli della loro necessità. Non abbiamo ricevuto alcuna risposta. E ora non accettiamo che le attenzioni del Governo siano rivolte ad altri settori e si limitino ad una incomprensibile dilazione per la ripresa nostre attività, con tutto il rispetto per i musei che non scappano, che non possono essere fruiti dagli stranieri e che non rischiano il fallimento".

"Del resto - rincalza -al 1° giugno cosa potremo fare di più rispetto ad oggi in termini di sicurezza? Si può far stare fermi, con costi continui e ricavi azzerati per gli interi mesi di marzo, aprile, maggio? No, non ci stiamo. Finora siamo stati alle regole, ma la prospettiva di un altro mese e più di fermo obbligato non l'accettiamo".

Confartigianato ha calcolato che l'effetto combinato di mancati ricavi a causa della chiusura e della concorrenza sleale degli abusivi nei mesi di marzo, aprile e maggio causerà alle imprese di acconciatura e di estetica una perdita economica di 1.078 milioni di euro, pari al 18,1% del fatturato annuo. Sarà molto difficile evitare ripercussioni sull'occupazione: i mancati ricavi mettono a rischio il lavoro di 49mila addetti del settore.

La rivolta dei parrucchieri

"Se Wuhan è uscita dall'emergenza ce la possiamo fare anche noi. Ci arriveremo tutti spettinati e coi capelli in disordine, ma vivi", annota lo scrittore e giornalista Paolo Roversi, mentre c’è chi osserva: "Mi spiegate la differenza di pericolo di contagio, tra uno che entra in metropolitana o sul bus e un cliente che entra su prenotazione, con le dovute precauzioni, in un salone di parrucchieri? Mi direte, è un lavoro di contatto ravvicinato: perché in metrò entri da solo?".

E poi c'è anche chi ne fa una questione territoriale: "Trattare in ugual misura il parrucchiere lombardo e quello del Molise o della Basilicata è da pazzi. Applicare alla stessa maniera disposizioni in Regioni come la Lombardia con 72889 contagi e Regioni come il Molise con 296 contagi è follia allo stato puro". Ma c’è anche chi estende il disagio ben oltre il corporativismo: "Ma i parrucchieri hanno capito che non ci sono solo loro ad avere avuto un danno enorme? Tutti gli albergatori e titolari di altre attività commerciali che dovrebbero dire? Pensate al fatto che almeno avete avuto una data precisa e il tempo di organizzarvi". 

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