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Coronavirus e locali chiusi, Sorbillo si arrende: "Dovrò chiudere due mie pizzerie a Milano"

L'annuncio di uno dei pizzaioli napoletani più famosi al mondo. Le sue parole

Locali chiusi, niente consegne - almeno non nella "sua patria" - e zero incassi. Risultato: chiusura, inevitabile. Il Coronavirus inizia a fare le prime vittime tra gli imprenditori che hanno dovuto abbassare le saracinesche delle proprie attività a causa dell'epidemia. 

Tra loro c'è Gino Sorbillo, tra i pizzaioli napoletani più famosi al mondo e proprietario di diversi ristoranti a Napoli, Milano e all'estero. Ristoranti che adesso rischiano di chiudere per sempre. "Dovrò chiudere almeno quattro locali", ha annunciato martedì Sorbillo. La scelta è ricaduta su "quello sul lungomare di Napoli, che ha un affitto molto alto, e Zia Esterina al Vomero - nella città partenopea -, ma anche due punti a Milano, credo Olio a Crudo e Zia Esterina”.

Lunedì lo stesso Sorbillo si era sfogato ai microfoni di NapoliToday, chiedendo al governatore Vincenzo De Luca di riaprire almeno la possibilità di effettuare consegne a domicilio. "La situazione è tragica. Non abbiamo indicazioni, non vediamo sbloccato il delivery. Avendo costi di gestione molto alti, così non possiamo andare avanti. Abbiamo fatto numerosi appelli, anche a De Luca, per sperare di aprire uno spiraglio per un confronto almeno. Anche perché abbiamo dimostrato da subito serietà, anche anticipando la chiusura e facendo appelli anche agli altri ristoratori, ai nostri clienti, agli amici, chiedendo di adeguarsi alle nuove normative. Ma da allora non si vede nulla di nuovo", aveva detto il pizzaiolo. 

E ancora: "Siamo bloccati con tutto il personale per strada e non sappiamo come risolvere il problema del fitto. Abbiamo richiesto di aprire anche solo i forni, con giusto un pizzaiolo e un fornaio, affidandoci poi al delivery realizzato dalle app di consegna, non impiegando nostri fattorini. In queste settimane viene consegnato di tutto, anche beni non di prima necessità. La pizza lo è, ma non può essere consegnata. Incollerebbe le persone a casa. Le persone scendono continuamente per fare la spesa nei supermercati. Toccano frutta, verdura. I carrelli sono utilizzati continuamente senza sanificazione garantita al 100%. La nostra pizza consentirebbe alle persone di ricevere un pasto primario completo caldo. È meglio riaprire con i locali a filo di gas ora che perdere 2-3 mesi di lavoro trovando poi dei disastri all'interno dei nostri locali - aveva auspicato -. E poi mi chiedo perché i panifici possono vendere le pizzette che spesso poi vengono anche vendute fredde in vetrina e contaminate? Noi la impacchettiamo appena uscita la pizza. Cuoce a 450 gradi, davanti al banco e la chiudiamo appena esce nel forno nel box. Poi viene avvolta nella pellicola sicura al 100% e consegnata al fattorino con zero rischi. Se le cose continuano così - aveva concluso - io rischio di dover chiudere qualche mia pizzeria. Ci sto pensando seriamente". E alla fine la decisione sembra essere arrivata. 

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