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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Coronavirus

Covid, a San Vittore "l'ospedale" dedicato di Medici Senza Frontiere: «Vero problema è il sovraffollamento»

L'attività dell'associazione a San Vittore e in altre carceri italiane

Medici Senza Frontiere, durante l'epidemia di Coronavirus, è intervenuta anche nelle carceri a partire da San Vittore, a Milano, da fine marzo, per prevenire le situazioni di contagio in condizioni di sovraffollamento. La direzione della struttura milanese ha voluto infatti realizzare un centro di cura Covid-19 interno al carcere come punto di riferimento regionale. L'intervento di Medici Senza Frontiere si è successivamente esteso anche in altri istituti penitenziari in Lombardia, Marche, Piemonte e Liguria.

Il supporto di Msf, svolto da medici, infermieri, esperti di igiene con una lunga esperienza nella gestione di epidemie, riguarda tutte le misure per contenere la diffusione del virus e proteggere detenuti, agenti, operatori e volontari impegnati nella struttura. In particolare, sono state definite le procedure per l’ingresso dei nuovi detenuti, per individuare casi sospetti, verificarne la diagnosi e identificare i contatti dei casi confermati; individuati circuiti interni per passare in sicurezza da zona a zona; ottimizzate le attività di sanificazione di tutti gli ambienti. Nel reparto Covid-19 all’interno del carcere, Msf ha inoltre supportato l’implementazione dei protocolli sulla presa in carico dei pazienti positivi, inclusa l'eventuale necessità di trasferimento all’ospedale.

Msf ha anche realizzato e condotto sessioni di formazione e promozione alla salute svolte da operatori umanitari e volontari dell’organizzazione per tutte le persone nel carcere sulle misure di prevenzione e l’utilizzo dei dispositivi di protezione: come indossare guanti, mascherine, camici monouso o che tipo di detergenti utilizzare per igienizzare i diversi ambienti.

«In un carcere, mantenere il distanziamento sociale è una sfida complessa. Il nostro obiettivo è aiutare a implementare delle procedure per avere lo stesso livello di sicurezza in tutti gli spazi e per tutte le persone all’interno della struttura. Solo se tutti sanno come proteggersi e si impegnano a farlo, siamo tutti protetti: vale ovunque, ma in carcere ancora di più perché si vive in un contesto di grande vicinanza fisica», dichiara Sara Sartini, capo progetto Msf a San Vittore: «In un’epidemia non esistono zone a rischio zero, è proprio quando abbassiamo la guardia che facciamo aumentare il pericolo. In carcere, aree comuni come quella che ospita la macchinetta del caffè per gli agenti o gli spazi comuni per i detenuti, potrebbero essere più pericolose dell’area Covid positiva».

Il problema del sovraffollamento

Al di là però delle procedure che possono essere attuate, resta (ed è vitale risolvere) il problema del sovraffollamento carcerario: «Mettere in atto adeguate procedure di prevenzione e controllo del contagio è indispensabile per contenere la diffusione del virus all’interno delle carceri. Ma per proteggere davvero detenuti e agenti e coordinare efficaci azioni di salute pubblica negli istituti detentivi, ferme restando le esigenze di giustizia e pubblica sicurezza, resta importante affrontare in modo incisivo il problema del sovraffollamento di queste strutture in tutta Italia», dichiara Marco Bertotto, responsabile per gli affari umanitari di Msf.

Secondo l’ultimo bollettino del Garante nazionale dei detenuti, in Italia le persone detenute negli istituti penitenziari sono 52.250, su una capienza effettiva di 46.731. Al 5 giugno il numero dei casi confermati di Covid-19 è sceso a 74 tra le persone detenute e 62 tra il personale penitenziario. I numeri si addensano in alcuni istituti del Nord Italia.

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