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Smog dimezzato in pianura padana: l'altra faccia dell'emergenza coronavirus

Nell’arco di un mese il biossido di azoto che aleggia sulla Pianura padana si è dimezzato

Nell’arco di un mese il biossido di azoto che aleggia sulla Pianura padana si è dimezzato. Merito, anche, delle misure restrittive imposte dal Governo per l’emergenza coronavirus. La conferma scientifica, dati alla mano, arriva da una serie di analisi elaborate da un team di esperti del Sistema nazionale di protezione ambientale dell’Ispra.

Questa prima analisi si è concentrata sugli effetti sulla qualità dell’aria delle misure di limitazione della mobilità adottate in Lombardia e Veneto a partire dal 23 febbraio e poi estese a tutto il territorio nazionale a partire dall’11 marzo.

Il biossido di azoto (No2) è uno dei principali inquinanti presenti in atmosfera, in quanto prodotto da tutti i processi di combustione, compreso il traffico, ed è anche quello che “più rapidamente risponde alle variazioni delle emissioni”, spiega l'agenzia ambientale.

È invece “più complessa la risposta delle polveri fini (pm10) in parte emesse direttamente e in larga parte prodotte dalla trasformazione di altre sostanze reattive come ammoniaca, ossidi di azoto e composti organici volatili, emesse da molte fonti diverse” e che si combinano tra loro direttamente in atmosfera.

dati no2-2

Scendendo nel dettaglio, le stazioni di monitoraggio della Pianura padana mostrano prima di tutto una “variazione giornaliera” dei dati, dovuta per lo più alla “variabilità delle condizioni meteorologiche”. Ci sono per questo “numerosi valori isolati”, ma i dati mediani, considerati un “indicatore robusto per esaminare l’andamento complessivo”, mettono in evidenza “una progressiva riduzione dell’inquinamento diffuso, a partire dalle restrizioni imposte in Lombardia e Veneto”. In quest’area, i valori mediani di biossido di azoto di tutte le stazioni nell’arco di un mese sono passati in maniera progressiva da quantità comprese tra 26 e 40 microgrammi per metrocubo in febbraio a 10-25 microgrammi per metrocubo in marzo, con una riduzione dunque di circa il 50%. Da questi numeri, l’effetto delle limitazioni degli spostamenti imposte per l’emergenza coronavirus “risulta evidente”, dice Arpae, mettendo a confronto le stime basate sui modelli con i valori osservati.

Ad esempio, si nota che in corrispondenza delle principali arterie stradali, come la via Emilia, i valori attesi sulla base della valutazione modellistica (30-50 microgrammi per metrocubo) sono superiori rispetto a quelli osservati (10-30 microgrammi per metrocubo). Per l’Emilia-Romagna, dove le misure restrittive sono state introdotte a partire dall’11 marzo, il discorso è il medesimo. I valori mediani di biossido di azoto sono passati da 20-31 microgrammi per metrocubo in febbraio a 7-20 microgrammi in marzo, con una riduzione dell’ordine del 50%.

L’analisi dell’Emilia-Romagna però fa registrare anche un’anomalia tra il 14 e il 17 marzo, quando si è assistito a una ripresa di elevate concentrazioni di biossido di azoto, nonostante le limitazioni. Questo, sottolinea Arpae, “a conferma della complessa dinamica dell’inquinamento atmosferico, che risente di fattori meteorologici, emissivi ed orografici che nella Pianura Padana possono determinare, nonostante le misure di contenimento, picchi di concentrazione nell’arco della giornata.

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