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Chloe Ayling, la modella rapita a Milano: per i giudici la storia del finto sequestro è "assurda"

“E’ stato un finto sequestro dovevamo dividerci i soldi del riscatto”, la difesa del suo aguzzino

I giudici della Corte d’Assise di Milano hanno stigmatizzato il racconto del “finto sequestro” reso in aula da Lucasz Pawel Herba, il 30enne polacco condannato a 16 anni e 9 mesi di carcere per il rapimento della modella britannica Chloe Ayling con queste parole: “Incoerente e assurdo”.

“La ricostruzione dei fatti fornita dall’imputato – sottolinea il collegio presieduto dal giudice Ilio Mannocci Pacini nelle motivazioni della sentenza – appare inattendibile perchè tesa ad accreditare che il sequestro fosse solo finto”. Il che, chiariscono i giudici, è un “fatto smentito alla luce di tutti gli elementi accertati in dibattimento”.

Secondo l’accusa, rappresentata dal pm della Dda Paolo Storari, il 30enne avrebbe attirato la 20enne a Milano con la scusa di un servizio fotografico. Una volta arrivata nel capoluogo lombardo nel luglio 2017, la ragazza sarebbe stata drogata, sequestrata, chiusa in un borsone, portata in un cascinale del Torinese e tenuta in ostaggio per 6 giorni. Durante la prigionia, il polacco inviò una mail al manager della modella presentandosi come killer dell’organizzazione internazionale “Black Death Group” e chiedendo il pagamento di un riscatto da 300 mila sterline. In caso contrario Chloe sarebbe stata messa all’asta e venduta nei paesi arabi.

“E’ stato un finto sequestro, io e Chloe eravamo d’accordo, dovevamo dividerci i soldi del riscatto”, si era difeso Herba il aula durante il suo interrogatorio in aula cambiando completamente versione rispetto a quanto fatto mettere a verbale in fase di indagini. Ma per i giudici che lo hanno condannato, le sue giustificazioni, “alla luce di quanto emerso nell’istruttoria, appaiono così assurde da rivelarne la falsità”.

Nel sequestro avrebbe rivesitito un ruolo fondamentale anche il fratello maggiore di Lucasz, il 36enne Micheal Konrad: è stato arrestato in Gran Bretagna ed estradato in Italia in attesa del processo che prenderà il via il 24 ottobre davanti alla Corte d’Assise di Milano.

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