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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Milano soffoca e brucia: ma (a volte) siamo troppo fessi per accorgercene

Editoriale - Nel 2019 la temperatura media di Milano è stata di oltre 16 gradi: l'anno più caldo dalle misurazioni iniziate nel 1897. Non piove da settimane e l'aria è letteralmente irrespirabile; eppure, lasciamo che i negozi spalanchino le porte con climi caraibici, facendo (praticamente) finta di niente

Sapete dove si trova l'eSwatini? Io no, ammetto l'ignoranza. Immaginavo potesse essere in Africa per reminiscenze recondite, ma non avevo la minima idea dove fosse ubicato nel continente. È un puntino a cavallo del Sudafrica e del Mozambico. Pillola googlata: prima si chiamava Swaziland, poi è stato deciso il cambio di nome. Pare avesse troppa assonanza con la Svizzera. Mi è passato sott'occhio mentre, facendo spazio in libreria, stavo sfogliando un Calendario atlante De Agostini del 1991. Ve lo ricordate? Quelle piccole bibbie geopolitiche bordeaux con numeri, cartine, dati demografici. Da ragazzino, e in piena epoca preinternettiana, ci passavo ore. Una tabella mi ha incuriosito: il clima dell'Eswatini. Alla fine degli anni Ottanta, la temperatura media annua di Mbabane è stata di 16.7 gradi. 

Ora, provate a immaginarvelo l'eSwatini. Cercate qualche foto. Colline brulle, abitanti con vestiti leggeri, sabbia, vegetazione scarna. Il monarca Mswati III è perennemente ripreso a torso nudo in costumi tradizionali. Un mondo così lontano dal nostro? Forse socialmente. Ma non climaticamente. Tra i lembi di un temperato umido a un temperato caldo, la temperatura media annua del 2019 a Milano è stata praticamente la stessa. Non sono serviti secoli per raggiungere la piccola monarchia africana, ma 29 anni. Mai si era verificato un anno così bollente dal 1897 sotto alla Madonnina: oltre 16 gradi la media, picchi di 42 in estate. Poche piogge, e devastanti, alternati a eterni periodi di siccità. La cosa è inquietante. Ma ancora più inquietante è che a nessuno freghi nulla, nonostante la colpa sia solo nostra. È davanti ai nostri occhi, ma li teniamo bendati. Basta fare un giro in centro. 

La ridicolaggine delle multinazionali 'sostenibili' con le porte spalancate

Camminate in queste giornate di smog soffocante in Buenos Aires. O in corso Vittorio Emanuele. Sarete continuamente cullati da folate d'aria calda caraibica di mega store che vi invitano a entrare e spendere. Le porte sono completamente spalancate. "Cala il fatturato se le chiudiamo", è la giustificazione che si sente dire a mezza voce più o meno ovunque. Proprio le stesse multinazionali fast fashion che blaterano di politiche ambientali green, o che supportano i Fridays for future. Esatto, loro. Già 8 anni fa il Comune di Milano aveva varato un'ordinanza che vietava la dissipazione così smaccata del calore. Esistono sistemi che mitigano questi effetti, pur lasciando aperto, ma non vengono usati. E ogni anno, a MilanoToday, lo segnaliamo, scrivendo più o meno lo stesso articolo, puntuale come la Befana e le tasse. Ma non cambia mai niente. È stato calcolato che con l'energia risparmiata se gli ingressi fossero chiusi si potrebbe riscaldare una casa di 100 metri quadrati, 15mila wattora. L'argomento è saltato fuori, come da tradizione, a Palazzo Marino. Venerdì l'ennesimo vertice; è il sindaco Beppe Sala ad avere la delega all'ambiente. Il prossimo inverno lo aspettiamo al varco.  

Qui monitoriamo i giorni di sforamento del Pm10 a Milano. Sono una caterva. Non piove da 3 settimane. Proprio negli stessi giorni in cui, 35 anni fa, la neve seppellì letteralmente la città, facendo richiedere l'intervento dell'esercito. Ci sono protocolli che attivano automaticamente blocchi-farsa alle auto diesel più inquinanti, più per pulirsi la coscienza che per reale utilità ambientale. È scientificamente provato che il blocco traffico parziale serve a pochissimo, mentre il totale non è risolutivo, ma, nel breve periodo, aiuta. E che meno macchine girano meglio è. Ma i blocchi traffico costano tanto in termini di consenso politico: protestano i commercianti, protestano i residenti, protestano gli autotrasportatori, protestano tutti. Ci lamentiamo dell'aria milanese irrespirabile, ma non possiamo rinunciare all'auto per spostamenti di 16 metri, soprattutto in centro. Ci sono alcune via della Cerchia dove c'è una seconda fila di macchine in quattro frecce stanziale, ormai più radicata dei fossili. L'opposizione ci sguazza, arrivando a organizzare picchetti contro Area B. E chi governa Milano, nonostante i perenni richiami, a parole, all'ambiente, è democristianamente ondivago a seconda dei casi; abbattere San Siro e ricostruire un nuovo stadio energeticamente efficiente è un tabù assoluto, mentre segare 57 alberi secolari è necessario, ne va dell'attrattività accademica del Politecnico.

Morale: senza coraggio e fatica le cose non cambiano. Milano da sola non può cambiare il destino della Pianura Padana, ormai soffocata da eterni periodi siccitosi, ma può essere d'esempio. Lo è per tante cose. Ma lo è ancora troppo poco per le politiche green. Bisogna fare scelte impopolari, fastidiose, seccanti. Mai come oggi, a poche ore dall'ennesimo tramonto grigiastro immerso nella nebbia, dobbiamo imporci qualcuno che ci costringa  a prenderle. 

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