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Ecco la 'processione' delle ancelle pro aborto: "Non siamo incubatrici, il sesso è piacere"

Manifestazione di "Non una di meno" nel giorno in cui fu approvata la legge sull'aborto

Una "resistenza contro la sottomissione". Un grido per ribadire che loro a ricoprire il ruolo delle "incubatrici" non ci stanno. E una marcia per dire ancora una volta, come recita uno dei loro motti più famosi, che il "corpo è il loro e decidono loro". 

Martedì mattina, nel giorno del 40esimo anniversario della pubblicazione della legge che ha depenalizzato l'aborto, decine di donne si sono ritrovate in strada sotto la sigla "Non una di meno" per marciare in una sorta di processione a favore dell'aborto. 

Marcia pro aborto a Milano - Non una di meno

Le manifestanti - accompagnate da due uomini "travestiti" da preservativi con le scritte "Meglio un profilattico oggi che un aborto domani" e "Lo metto perché ti rispetto" - si sono riunite in piazza del Duomo e hanno poi sfilato fino alla clinica Mangiagalli. 

"Aborto non è né strage né femminicidio"

"Siamo davanti a un luogo simbolo di Milano e siamo vestite da ancelle per promuovere una resistenza contro la sottomissione - ha detto una ragazza parlando al megafono -. È un luogo che raccoglie contraddizioni al suo interno, uno dei primi in città a fornire il metodo farmacologico per l’aborto volontario, uno dei pochi a Milano a garantire assistenza nell’interruzione volontaria di gravidanza del secondo trimestre, un punto di riferimento in Lombardia, dove l’obiezione di coscienza raggiunge quasi il 70% nelle strutture pubbliche. Allo stesso tempo però ospita gli antiabortisti del centro di aiuto alla vita".

"Esattamente 40 anni dopo la legge 194 del 22 maggio 1978, rivendichiamo e riaffermiamo i nostri diritti - ha ricordato la giovane -. Ancora e sempre di più, si sta facendo politica strumentalizzando il corpo delle donne e cercando di limitare la nostra libertà d’azione e di pensiero. Fascisti e Provita, entrambe emanazioni dello stesso sistema misogino e patriarcale, operano un costante lavoro d’inversione semantica: esercitare il diritto all’aborto diventa strage di stato per Forza Nuova, oppure la prima causa di femminicidio per i Provita. Vorrebbero toglierci il diritto all’aborto, che ci è stato lasciato dalle donne che prima di noi e anche per noi hanno lottato".

"Margaret Atwood nel suo The Handmaid’s tale, il Racconto dell’ancella, scrive di un futuro distopico in cui le donne vengono considerate solo in relazione al loro valore riproduttivo, schiacciate da una dittatura religiosa, militarizzata e miope", ha ricordato la ragazza, chiarendo così il perché degli abiti indossati.
 
È - ha continuato - "un futuro che abbiamo già visto compiersi nel passato, tra sfruttamenti coloniali e schiavistici, dittature, totalitarismi e controllo dei corpi delle donne subalterne. Così noi ci sentiamo sempre di più spettatrici di una distopia in costruzione, un costante racconto dell’ancella, in cui le donne fertili sono costrette alla gravidanza e in cui le donne acquistano valore solo se madri. I nostri abiti, oggi, sono una provocazione e un monito".

I numeri "spaventosi" degli obiettori 

"Abbiamo un diritto attualmente, ma a guardar bene ci sono ostacoli più subdoli e silenti delle grida fasciste e dei piagnucolii Provita - ha recriminato la giovane al megafono -. In Italia dal 2010 la percentuale media di obiettori è arrivata al 70%. Dunque sette volte su dieci una donna trova biasimato e negato un suo diritto. In Lombardia solo in cinque strutture l’obiezione è inferiore al 50%. Sono ben 6 su 63 i presidi nei quali la totalità dei ginecologi è obiettore di coscienza. In sedici strutture è superiore all’80%. Questo costringe le donne a spostarsi e a cercare soluzioni in altre città, in una corsa contro il tempo".

"Per tamponare il problema dell’obiezione di coscienza, gli ospedali fanno contratti esterni: i cosiddetti gettonisti sono costati, nel 2014, circa 255 mila euro. Inoltre nelle università non c’è formazione sull’aborto, le nuove generazioni di ginecologhe e ginecologi sono spinti a non occuparsene. Cosa succederà - le domande delle manifestanti - quando i medici preparati andranno in pensione? Le strutture ospedaliere prenderanno in mano la situazione? Cercheranno di tutelare la salute delle donne? La Regione dovrebbe occuparsene, lo Stato dovrebbe occuparsene, ma Regione e Stato giocano a scaricabarile e non se ne occupano: questa è violenza istituzionale e discriminazione di genere, perché la mancata assistenza sull’aborto colpisce selettivamente le donne".

"Dobbiamo buttarci dalle scale o usare i ferri?"

"Le donne che potranno permetterselo, visto negato il loro diritto in Italia, potranno recarsi in stati civili e finalmente abortire. Ma le donne che non possono permetterselo a livello economico? Le donne migranti? Cosa dovrebbero fare? - ha recriminato la ragazza -. Aborti illegali, buttarsi dalle scale, usare i ferri da maglia, assumere il Misoprostolo, come fino a pochi anni fa si assumeva il Cytotec? Queste sono le soluzioni che ci vengono presentate da una società convinta di aver pieno diritto sui nostri corpi, una società che ci vede come incubatrici".

L’Organizzazione mondiale della sanità parla di quasi 50mila donne morte all’anno a causa di un aborto non legale e quindi non sicuro. Questi si chiamano, tecnicamente, femminicidi. Invece di far diminuire questo numero, vogliamo farlo aumentare?". 

"Sesso con al centro il piacere"

"Vogliamo la 194 e vogliamo molto di più - le richieste delle donna -. Pieno accesso all’aborto farmacologico e porre fine all’indifferenza degli obiettori che diventa rifiuto di curare. Contraccezione gratuita per una sessualità che metta al centro il piacere. Possibilità di immaginarci la vita fuori da ogni ruolo di genere imposto. Il diritto all’aborto c’è e vogliamo poterlo esercitare". 

Quindi, in conclusione, "i nostri promemoria". "Ai ginecologi e ginecologhe: 'Dovreste fare il vostro lavoro. Siate medici, non giudici'. Agli uomini Provita vogliamo dire che la faccenda non vi riguarda. Alle donne Provita - hanno concluso le ragazze di Non una di meno - invece diciamo: 'Siete contro l’aborto? Non abortite'." 

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