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Imane Fadil morta: giovedì i risultati dei test di radioattività

Intanto un "giallo nel giallo": discrepanza sulla data in cui la procura è venuta a conoscenza del decesso della modella

C'è una discrepanza sulla data in cui la procura di Milano è venuta a conoscenza della morte "tinta di giallo" della modella marocchina 34enne Imane Fadil, in passato coinvolta nel caso Ruby. Secondo il procuratore capo Francesco Greco, la notizia della morte è arrivata «una settimana fa», cioè verso il 10 marzo, mentre la clinica Humanitas (dove la modella era rimasta ricoverata, sempre lucida, per un mese) aveva affermato di avere trasmesso la notizia alla procura lo stesso giorno del decesso, cioè l'1 marzo.

A mistero si aggiunge quindi mistero. Già, perché sono tuttora ignote le circostanze della morte di Fadil, e del malore che, il 29 gennaio, l'aveva portata a farsi ricoverare. Si conoscono per certo soltanto i sintomi accusati dalla modella: spossatezza, gonfiore all'addome e mal di pancia violentissimo. Nell'arco del mese di ricovero, circa 25 specialisti hanno esaminato il caso di Fadil senza venire a capo di che cosa le fosse successo. Tra le ipotesi vagliate, quella del lupus (una malattia autoimmune), di un tumore del sangue, di una leptospirosi. Tutte, pare, da escludere. 

Imane Fadil: le analisi e le indagini

L'autopsia verrà eseguita tra mercoledì 20 e giovedì 21 marzo, nel frattempo la procura di Milano ha già aperto un'inchiesta (affidata ai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio) per omicidio volontario e ha ordinato al Comune di apporre, fuori dall'obitorio in cui si trova il cadavere, l'assoluto divieto a far avvicinare chiunque al corpo di Fadil, familiari compresi.

Immediatamente dopo la morte, un istituto specializzato di Pavia ha compiuto analisi sulle concentrazioni di 50 metalli ma non sulla radioattività, come inizialmente era stato riferito; fonti autorevoli parlano però di deboli tracce di radioattività, non sufficienti a far scattare un protocollo aposito di schermature per medici e infermieri, e di tracce di elementi sospetti non meglio precisati nelle urine. Ma è certo che le analisi post-mortem su Fadil siano ora effettuate con precauzioni tipiche della sospetta radioattività. La squadra mobile di Milano, diretta da Lorenzo Bucossi, ha riferito che giovedì 21 marzo saranno disponibili i test completi di radioattività.

E nel sangue sarebbero state trovate lievi quantità di cobalto, ma molto lontane dal limite di tossicità. Ipotesi che si accavallano e nessuna di queste proviene da una "voce" ufficiale. La procura non sta comunque ad attendere e ha già acquisito il telefono di Fadil per capire movimenti e conversazioni prima del ricovero di fine gennaio; inoltre sentirà i medici dell'Humanitas, i parenti e anche l'avvocato della 34enne, a cui Fadil (una decina di giorni prima di morire) avrebbe confidato di sospettare l'avvelenamento.

Lunedì 18 marzo, in particolare, i magistrati hanno ascoltato come persona informata dei fatti Michele Lagioia, il direttore sanitario dell'Humanitas. Già ascoltati invece l'avvocato Paolo Sevesi e i familiari della modella.

Imane Fadil e il caso Ruby

Imane Fadil è stata una teste chiave del caso Ruby: una delle poche ragazze coinvolte nelle "cene eleganti" ad Arcore a scoperchiare direttamente che cosa avvenisse durante e dopo quelle cene. Al processo "Ruby Ter", in cui l'ex premier Silvio Berlusconi è tuttora imputato per corruzione di testimoni con l'accusa di avere elargito denaro o regali a diverse ragazze perché "tacessero" in occasione del processo principale, Fadil si era costituita parte civile ma, insieme con Chiara Danese e Ambra Battilana, su richiesta del legale di Berlusconi era stata "rigettata" nel mese di gennaio 2019. Poche settimane dopo, il ricovero in ospedale e l'agonia che l'ha portata a morire.

Lo stesso Berlusconi, commentando il decesso della modella, ha affermato di non averla mai conosciuta.

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