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La penosa liturgia dei numeri serali

Editoriale - La Regione persevera in un appuntamento giornaliero 'social' sul coronavirus che spiega poco o nulla, dà numeri incompleti, e sembra solo riempire di ego l'ansia comunicativa della giunta

Poniamo che l'insieme delle aziende quotate in Borsa valga 100; in un giorno il valore aumenta del 10%, e si arriva a 110. Il giorno successivo la Borsa ha una perdita della stessa misura e cala del 10%. Quanto vale adesso la Borsa? L'istinto dice che è tornata a valere 100, ovviamente. Ma è sbagliato. Il 10% di 110 è 11. Quindi 99. 

Questo preambolo numerico da quarta elementare vecchio come il mesozoico è utile per un motivo: insegna che i numeri non mentono mai, ma il loro involucro sì. Possono essere distorti, ruotati, abbelliti, spostati, dimenticati apposta. Quella che noi vediamo, molte volte, è solo la loro confezione. E la risposta non è sempre 42, come calcola dopo 7 milioni e mezzo di anni il supercomputer di Douglas Adams. Ma dipende. 

Ora. La Regione Lombardia, in queste giornate, perservera in un rendez-vous serale social dove l'assessore al Welfare Gallera snocciola dati con tabelle e grafici sul coronavirus. I giornali li riprendono. C'è perfino il conto alla rovescia stile Cape Canaveral in attesa del collegamento. Quanti sono i contagati da Covid-19 per provincia, quanti sono i morti, eccetera. Il tutto con delle inquietanti freccette verdi e rosse: verde va bene, rosso va male. È quasi sempre tutto rosso. Anche se non significa nulla. Se questo lodevole sforzo di trasparenza comunicativa aveva un senso all'inizio della crisi sanitaria, alla fine di febbraio, con numeri relativamente piccoli, ora si è capito che è obnubilante. E non indica un bel niente. Virologi ed epidemiologi, in ogni salsa, per esempio qui oppure qui, sottolineano che il dato reale dei positivi è 5, 10 volte l'emerso. I tamponi vengono fatti solo a chi ha sintomatologia grave, dimenticando migliaia di casi che, per esempio a Milano, si curano da soli. Abbiamo raccontato la storia di Veronica. Ecco, lei, e tantissimi come lei, nelle tabelle della Regione Lombardia non entrano. 

Un giorno i dati fanno ben sperare, un altro giorno "non vanno come dovrebbero"; i morti diminuiscono, poi aumentano, poi diminuiscono ancora; la curva di Milano prima non preoccupa, poi preoccupa, poi non preoccupa più, poi torna a preoccupare; la gente prima si comporta bene, poi "va troppo in giro"; i tamponi fatti sono "tantissimi", la "Lombardia è la regione che ne fa di più", ma poi si scopre quasi magicamente che facendone di più aumentano i positivi, e questo allunga la tensione, i tempi della quarantena, delle chiusure, delle serrate di aziende. Inoltre c'è il capitolo a parte dell'ospedale in FieraMilanoCity: struttura realizzata in tempi record, già socialmedializzata con pagine Fb e Twitter per la raccolta fondi, prima doveva ospitare 600 pazienti, poi 500, poi 200, poi 53, ma per ora è entrata una decina di persone. Mancano medici, infermieri e personale sanitario. Costato decine di milioni di euro, di fatto, non è servito.  

Tutto questo è un perenne ottovolante giornaliero ansiogeno. La lente d'ingrandimento a puntate sul particolare, come fosse un serial su Netflix, allontana i cittadini dalla visione d'insieme, costretti a raccattare pezzi di puzzle. E getta fumo su ombre ed errori, come la tragedia silenziosa delle Rsa. Oltre a distrarre dall'unica cosa che dovrebbe guidare giorno e notte il lavoro del Pirellone di concerto con il Governo: una strategia d'uscita chiara, sicura, meno dolorosa possibile. Come torneremo alla vita normale? Qual è il cronoprogramma rigoroso della somministrazione dei test sierologici? Fontana e Gallera sono persone intelligenti, oltre a essere amministratori d'esperienza: correggano la rotta in fretta. Il troppo tardi è già qui. 

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