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Università e carcere: dalla Bicocca studenti-tutor per i detenuti

L'iniziativa "adotta un detenuto" rivolta agli studenti della Bicocca

Non tutti lo sanno, ma tra le attività disponibili per i carcerati milanesi c'è anche un servizio di tutoraggio per i detenuti iscritti in università, che giocoforza studiano in solitudine e non "vivono" l'ambiente d'ateneo.

E' dal 2013 che l'Università Bicocca "entra" in carcere attraverso i suoi studenti, con un progetto denominato "adotta un detenuto per studiare insieme". Il servizio si rivolge alle case di reclusione di Opera e Bollate e si configura come "accompagnamento allo studio" per i detenuti iscritti alla Bicocca, fornito da studenti selezionati ogni anno con un apposito bando.

Nel blog della Bicocca è apparsa una intervista a una delle studentesse e degli studenti impegnati in questo progetto, Ylenia Cavallo, al terzo anno di Giurisprudenza. "Un'ottima opportunità - afferma - per conoscere una nuova realtà, quella carceraria, che molto spesso è trascurata da chi non la vive in prima persona".

Gestione dello studio e sostegno alla didattica

Cavallo si reca a Bollate almeno una volta alla settimana, ma anche di più. I tutoraggi sono svolti in aule apposite, all'interno della struttura penitenziaria, adibite a questo. "Sono un intermediario tra lo studente/detenuto e l'università. Principalmente fornisco loro il materiale didattico e gestisco la prenotazione degli esami. Ma fornisco anche loro un sostegno di studio, perché ad alcuni non è concesso di avere un confronto diretto col professore", spiega Cavallo.

Gli incontri durano da una a due ore. E l'iniziativa si trasforma in qualcosa di vantaggioso anche per lo studente: "Mi ha dato l'opportunità - chiarisce Cavallo - di accrescere le mie conoscenze sul diritto penale, la procedura penale e il diritto penitenziario. E a livello umano mi ha permesso di approfondire la conoscenza dello studente/detenuto al di là della ragione per la quale si trova all’interno delle mura carcerarie". Una esperienza che lascia il segno, perché la speranza della studentessa è di continuare a occuparsi dei detenuti anche più avanti, nel percorso professionale e personale. 

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