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Redazione

Un vigile e un senza tetto: storie di ordinario razzismo!

Il weekend comincia: un vigile si rifiuta di soccorrere un senza tetto in coma etilico. Storie di ordinario razzismo in una città dove ormai il prossimo è diventato non solo invisibile, ma anche scomodo

Guarda te se uno deve cominciare il proprio fine settimana con un travaso di bile e litigare con un vigile urbano, che dovrebbe essere li  per servire i cittadini e invece forse ruba lo stipendio. Adesso vi racconto cosa è successo per filo e per segno e poi mi piacerebbe sapere la vostra opinione.

Come tutte le sere esco dalla metropolitana rossa, fermata Porta Venezia, all’incrocio tra Corso Buenos Aires e Piazza Oberdan. Noto subito, davanti alla sede dell’Unicredit, un senza tetto evidentemente incosciente e completamente sdraiato per terra. Dalla parte della testa appoggiata al suolo spuntava anche una piccola escoriazione sanguinante.

La zona dove abito io, ovvero Porta Venezia, è un luogo molto popolato da barboni e senza tetto di tutte le età e nazionalità: di solito dormono sul ciglio della strada dopo delle sessioni di bevuta piuttosto intense, altre volte hanno proprio la posa tipica di chi ha perso conoscenza e di chi forse avrebbe necessariamente bisogno di un ambulanza (e magari di una lavanda gastrica).

Non voglio nemmeno pensare a quanta gente sia passata accanto a quell’uomo sdraiato per terra praticamente in mezzo al marciapiede e a quanti lo abbiano ignorato, perché tanto della maggioranza dei milanesi penso già il peggio possibile.

Oltre a me, che notano l’uomo, si fermano due ragazzi. Indecisi sul cosa  fare “Cosa facciamo? Chiamiamo l’ambulanza?” notiamo un vigile all’angolo. Gli facciamo cenno di avvicinarsi e gli chiediamo se chiama per favore soccorsi per l’uomo in difficoltà. Non mi aspetto mai niente dai vigili e dalle forze dell’ordine in generale, ma sicuro non mi aspettavo che mi dicesse che se volevo l’ambulanza me la dovevo chiamare io e che quello è sempre “il solito ubriacone di zona”.

Dopo la prima sequela di insulti che ho rivolto al nostro prode pubblico ufficiale, per dimostrarmi che faceva il suo lavoro, si è avvicinato all’uomo e ha cominciato a  muoverlo con il piede: ebbene si signore e signori, un vigile urbano si sincerava della salute di una persona (e non di una bestia) con la punta della scarpa. E per aggiungere un poco di scandalo alla situazione, quando gli ho fatto notare che era suo dovere assistere i cittadini, ubriachi o sobri che fossero (senza tetto o con una casa), lui mi ha risposto: “Se ti preoccupi così tanto perché non te lo porti a casa questo qui?”. Non so se nella mia vita ho mai sentito una risposta più stupida e più razzista detta, ma tant’è che è esattamente quello che le mie orecchie hanno sentito.

Alla fine uno dei ragazzi che era con me, mentre io inveivo contro il vigile, ha deciso di chiamare l’ambulanza e insieme abbiamo atteso i soccorsi. Mentre aspettavamo la mia invettiva contro il pubblico ufficiale si è fatta più pesante fino a quando non l’ho minacciato di prendergli il numero di matricola e denunciarlo per omissione di soccorso.

Da quel momento l’atteggiamento del vigile ha subito una svolta: improvvisamente si è infilato i guanti di pelle e si è chinato sull’uomo per cercare di capire se era cosciente o meno. Ma tu guarda eh, quando un cittadino dimostra di conoscere i propri diritti ( e il suo dovere di vigile) e minaccia il pubblico ufficiale, questo si trasforma in solerte e zelante.

Comunque alla fine dopo una 15ina di minuti di attesa l’ambulanza è arrivata e i volontari hanno constatato che l’uomo forse era in coma etilico, lo hanno caricato sull’ambulanza e lo hanno portato all’ospedale (non certo a casa mia che non sono attrezzata per una lavanda gastrica, imbecille!!!).

E’ da quando sono tornata a casa che ci penso, avrei dovuto farmelo dare il numero di matricola del vigile: magari poteva valere il proverbio “colpirne uno per educarne cento!”.

Nel frattempo…Buona città!
S.
 

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