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Cronaca

Agricoltura, Milano potrebbe sfamarsi solo con il Parco Sud

Il Parco Sud non è una semplice area verde: è un parco agricola, anzi è la più grande area agricola protetta d’Europa: 47 mila ettari, l’80 per cento dei quali sono dedicati all’agricoltura. Intervista a Vincenzo Vasciaveo, coordinatore del Distretto di economia rurale

Non è semplicemente un Parco, è un Parco agricolo, anzi è la più grande area agricola protetta d’Europa. Il Parco agricolo sud include 63 Comuni che formano un semi anello verde intorno alla parte meridionale di Milano. Parliamo di 47 mila ettari, l’80 per cento dei quali sono dedicati all’agricoltura, con circa 1 000 imprese agricole.

Anche molte aree del Comune di Milano sono incluse nel Parco. In particolare nella Zona 5 ci sono non poche cascine: Campazzo (quella del Ticinello minacciata da Ligresti), Campazzino, Basmetto, Gaggioli, S. Anna, Amata e altre ancora.
Il Parco sud non è soltanto un prezioso polmone verde, una fonte di ossigeno per tutta la città, è anche una corposa realtà
produttiva.

“Milano potrebbe nutrirsi con il Parco agricolo sud”, dice Vincenzo Vasciaveo. E c’è da crederci, perché è uno che se ne intende. Egli infatti coordina l’attività del Distretto di economia rurale e solidale (Ders), che svolge una preziosa opera di promozione e orientamento tra le aziende del Parco. “Potrebbe”, sottolinea Vasciaveo, perché in realtà le cose non sono ancora così. “Oggi”, aggiunge, “l’agricoltura del Parco non può soddisfare la domanda alimentare di Milano perché le aziende sono quasi tutte orientate alla monocultura: riso, mais o latte, e questo non va bene. La monocultura indebolisce la presenza agricola nel Parco. Se, come accade in questo momento, i prezzi del mais e del latte scendono troppo, molte aziende rischiano la chiusura.”

Se l’agricoltura finisce perché non produce reddito, finisce anche il Parco agricolo sud
. Sarà sempre più difficile, infatti, contrastare l’assedio degli speculatori immobiliari e di non pochi Comuni. “Oggi”, osserva Vasciaveo, “i contratti tra proprietari e agricoltori sono molto brevi o non ci sono: il proprietario può sostanzialmente mandar via il contadino quando vuole”. Lo sappiamo bene: la cascina Campazzo è un esempio. La risposta”, dice Vasciaveo, “è la biodiversità delle colture.”

Quali sono i prodotti che potrebbero trovare un facile mercato?

“Non c’è che l’imbarazzo della scelta.” E aggiunge: “Ortaggi anzi tutto, ma anche frutteti: mele, pere, prugne. Sono pure possibili pesche e ciliege. In questi terreni un tempo le ciliege crescevano, ma poi sono state abbandonate a favore del riso e del mais. La stessa zootecnia potrebbe diversificarsi e puntare alla produzione di formaggi o agli allevamenti da carne. Si sta reintroducendo nel Parco sud l’allevamento di un’antica razza di bovini da carne che stava scomparendo, la varzese. Io l’ho mangiata: è ottima.”

Tutti prodotti, mi par di capire, che possono trovare nella vicina Milano molti compratori interessati. “Certamente. Prodotti a chilometri 0 e a filiera cortissima. Il mercato di Milano è particolarmente promettente se gli agricoltori del Parco sud, oltre che alla biodiversità, puntano sull’agricoltura biologica.”

Questa non è un’ipotesi di mercato, è una realtà già in cammino e in forte crescita.

In questa situazione che cambia e guarda al futuro, come gioca le sue carte il Distretto di economia rurale e solidale?
“Il Ders è nato a dicembre dell’anno scorso. Neanche 1 anno di vita e già siamo una realtà che crea flussi economici e di reddito, che ha stabilito una rete di relazioni sociali in crescita. In concreto fanno parte del Ders 15 produttori agricoli e 21 gruppi di acquisto solidale (i gas). Sono numeri provvisori e in continua crescita. Aderiscono alla nostra rete anche 3 banche del tempo e 4 botteghe del commercio equo e solidale. Collaborano con noi, sia la banca etica per le normali operazioni bancarie, per il microcredito e per le assicurazioni a favore dei produttori agricoli, sia due Comuni: Corsico e San Giuliano Milanese.”

Una realtà di tutto rispetto, dunque.


“Riscuote interesse. Sta crescendo. Per questo abbiamo aperto anche altri campi d’intervento.”
In effetti il Ders è un vulcano d’iniziative. Per brevità siamo costretti a richiamarne solo alcune e per brevi cenni.
A Corsico, dal 1° gennaio aprirà il Centro buon mercato: un punto d’incontro tra produzione e acquisto sulla base di ordini on-line e dei gas.

Il Ders è anche entrato in Ecoenergia: con l’aiuto finanziario della banca etica i tetti delle cascine saranno coperti di pannelli fotovoltaici. La produzione di energia rinnovabile è un modo intelligente per unire reddito e rispetto dell’ambiente.
Ma non è tutto. Si punta al turismo responsabile, con possibilità di ristoro e di ospitalità. Si pensa pure alle mense scolastiche per i nostri bambini. Non sarebbe meglio che mangiassero prodotti freschi e genuini?

Il Ders ha rapporti con le cascine della Zona 5?

“Non ancora. Le possibilità ci sono e stiamo facendo una mappatura delle realtà aggregabili nel Parco sud. Questo naturalmente interessa anche la Zona 5. Conosciamo la difficile situazione della cascina Campazzo, sotto sfratto da parte di Ligresti. Siamo solidali con il conduttore agricolo e con le associazioni del territorio che lottano per salvare l’attività agricola e il Parco Ticinello. Se, come speriamo, la cascina Campazzo la spunta, il Ders potrebbe stabilire rapporti per aiutare la gestione economica dell’azienda.”

L’ultima domanda è per il megainceneritore che il Comune di Milano vuole costruire a ridosso della Zona 5, in pieno Parco agricolo sud.
“Un nuovo inceneritore”, risponde Vasciaveo, “porta via terreno agricolo e produce inquinamento. Crea anche un diretto danno economico alle cascine. Già ora gli agricoltori di Settimo Milanese, vicini all’inceneritore di Figino, si sentono dire dai milanesi: perché devo comprare da terreni sotto l’inceneritore?”



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