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Cronaca

Furti e rapine: sposo e il testimone di nozze arrestati cinque ore prima del matrimonio

Sono accusati di essere i capi di due bande specializzate in furti e ricettazione. La storia

Sabato mattina si sarebbero rivisti in una cornice decisamente insolita per loro. Abituati a carrozzerie e garage, alle 11 sarebbero invece entrati insieme in una chiesetta di Casorate Primo, nel Pavese, per celebrare il matrimonio di uno di loro.

A interrompere i piani, però, ci hanno pensato i militari che alle sei del mattino - soltanto cinque ore prima delle nozze - li hanno arrestati entrambi, sposo e testimone. 

Sei arrestati e sei ricercati

In manette sono finiti Dante D.L. - 45enne proprietario di una carrozzeria di Rosate, che sabato avrebbe dovuto dire "sì" alla mamma dei suoi quattro figli - e Zef F., albanese, ventinove anni, formalmente disoccupato e senza fissa dimora in Italia. I due - secondo quanto ricostruito dai carabinieri della compagnia di Abbiategrasso, diretti dal comandante Antonio Leotta - sarebbero i capi di due bande collegate e specializzate nei furti in abitazione, nei furti di auto e nella ricettazione dei pezzi. 

Insieme a loro, infatti, in carcere sono finite altre quattro persone: un ungherese titolare di un'officina nel suo Paese, un giovane italiano con problemi di tossicodipendenza abilissimo nello smontare le macchine e altri due uomini, entrambi italiani, anche loro proprietari di carrozzerie e officine.

I sei - insieme ad altri sei albanesi, al momento tutti fuori dall'Italia - devono rispondere delle accuse a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti, rapina, riciclaggio, ricettazione, detenzione, porto in luogo pubblico di arma comune da sparo e violenza a pubblico ufficiale. 

Video | La banda degli albanesi in azione

L'unione Albania-Italia

La divisione dei compiti tra le due bande - hanno accertato i militari - era netta e ben delineata: gli albanesi, con a capo Zef, svaligiavano gli appartamenti nella zona sud di Milano o rubavano auto di grossa cilindrata - le "prede" preferite erano Bmw, Mercedes e Range Rover -, mentre gli italiani, guidati da Dante, si occupavano di smontare quelle stesse macchine - uno della banda era in grado di farlo nel tempo record di quattro ore -, i cui pezzi poi riapparivano all'estero o in altre città italiane per essere venduti.

Base logistica degli italiani era l'officina del 45enne, che ospitava le vetture rubate per il tempo necessario per "farle a pezzi". E sempre lì, l'ungherese - che aveva il ruolo di "trasportatore" - andava a caricare il suo camion prima di partire per le "consegne". 

Nell'ordinanza che ha portato i sei in carcere vengono contestati 11 furti di auto, 25 colpi in case e una rapina - in un caso avevano picchiato un uomo che li aveva scoperti nella loro villetta - commessi tra il 2014 e il 2015, ma è certo - secondo i carabinieri - che i gruppi abbiano agito anche negli ultimi periodi. L'albanese, infatti, era stato arrestato a novembre scorso insieme ad altre dieci persone, prima di essere liberato e di tornare in Albania tenendosi lontano dall'Italia per un po'. 

Gli affari di sposo e testimone

A mettere insieme i due gruppi ci avevano pensato proprio i due capi, legati da una profonda amicizia. Tanto sentita per loro che giovedì notte Zef si è nascosto in un'auto caricata su una bisarca in partenza dall'Albania per arrivare in Italia, dove avrebbe dovuto fare da testimone di nozze al "socio" prima di ripartire, già in serata, per tornare a Tirana.

Cinque ore prima del matrimonio, però, ogni progetto è naufragato: i carabinieri hanno arrestato lui a casa della compagna - una ragazza che è rimasta in Italia - e lo sposo nella sua abitazione di Casorate, dove la futura moglie era già impegnata a farsi bella per le nozze.  

Ora continua la caccia agli altri sei albanesi, che sono al momento formalmente latitanti. Anche loro, proprio come il capo, in Italia risultano nullatenenti, ma in Albania si sono trasformati in imprenditori di successo, titolari di ristoranti e bar. Locali - questo il sospetto, quasi convinzione, dei militari - aperti con i soldi arrivati dai furti commessi in Italia. 
 

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