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Strage al tribunale di Milano, assolto vigilante che non fermò Giardiello

La guardia giurata, in servizio il giorno in cui il killer sparò a tre persone uccidendole, era stata condannata in appello per presunte negligenze durante i controlli

È stato assolto Roberto Piazza, la guardia giurata a processo per non aver fermato Claudio Giardiello, l’imprenditore che il 9 aprile 2015 sparò a tre persone, uccidendole, all'interno del tribunale di Milano. A deciderlo la cassazione, che ha annullato la condanna a tre anni per il vigilante, emessa dalla corte d'appello. 

Piazza era in servizio il il giorno della strage ed è stato processato perché secondo l'accusa non avrebbe bloccato il killer nonostante ai controlli in entrate il monitor rilevasse delle macchie scure all'interno della sua borsa. Il vigilante, assolto in primo grado, in appello era stato condannato a tre anni di reclusione, oltre che al pagamento di una provvisionale complessiva, per otto parti civili, di un milione e settanta mila euro. Per la guardia giurata ora si prospetta un nuovo processo davanti alla Corte d'Appello di Brescia, secondo quanto disposto dalla Cassazione.

La strage al tribunale di Milano

Claudio Giardiello il 14 luglio del 2016 venne condannato all'ergastalo dal gup di Brescia, il quale emise la propria sentenza al termine del processo con rito abbreviato che vedeva l’imputato accusato di omicidio plurimo premeditato e lesioni gravi

Sparatoria al tribunale di Milano - LE FOTO

Il magistrato accolse in pieno la richiesta del pm di Brescia, Isabella Samek Lodovici, che aveva chiesto la pena massima per l’assassino. Lo stesso Giardiello, presente in aula, con una dichiarazione spontanea ha raccontato di aver “portato al pistola dentro il palazzo di giustizia tre mesi prima della strage” e di averla “nascosta lì”, ammettendo - di fatto - la premeditazione. Sotto i colpi di Giardiello, che la mattina della strage era in tribunale come imputato in un processo per bancarotta, erano caduti l’avvocato Lorenzo Claris Appiani, il magistrato Fernando Ciampi e il suo coimputato, Giorgio Erba

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