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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Il pluriomicida in sedia a rotelle è tornato in carcere dopo 20 anni di detenzione "d'oro" al Niguarda

Condannato all'ergastolo dopo tre omicidi, "spadroneggiava" nel nosocomio milanese

E' tornato in carcere il killer della Sacra Corona Unita Francesco Cavorsi, 55enne di San Giovanni Rotondo (Foggia) a Milano da tempo, condannato all'ergastolo per tre omicidi ma in realtà per quasi 20 anni all'ospedale Niguarda, perché malato e in sedia a rotelle. I giudici avevano valutato che la sua condizione fosse incompatibile con il carcere e avevano "differito la pena" trasformandola in degenza nel nosocomio milanese. 

Ultimamente, stando alle relazioni delle forze dell'ordine, aveva iniziato a trattare il Niguarda come casa sua, ad esempio invitando gli amici a fargli visita fuori dagli orari consentiti, protestando contro qualunque cosa (dal cibo alle televisioni accese nelle altre stanze), comportandosi in generale da "padrone" del nosocomio o, per lo meno, del suo reparto.

Così, martedì pomeriggio, è stato trasferito in ambulanza al carcere di San Vittore, anche se forse verrà poi portato a Opera. La sua carriera criminale era incominciata quand'era molto giovane. Costretto alla sedia a rotelle dopo un ferimento durante una sparatoria nel 1988, abitava in via degli Imbriani e si era alleato con albanesi e serbi nel traffico di droga. 

Gli omicidi risalgono all'inizio degli anni '90. La prima vittima è Oreste Pecori nel 1990, a cui segue Antonio Di Masi nel 1991, per finire con Virgilio Famularo nel 1992. Tutti confessati. Tutti eseguiti all'interno dell'auto con cui Cavorsi si spostava, e dentro cui attirava le vittime.

La condanna all'ergastolo risale al 1996. Le condizioni di salute del boss non gli consentivano però, secondo i giudici, la permanenza in carcere nonostante la pericolosità dell'uomo. Così Cavorsi ha girato qualche ospedale e, dal 2001, era fisso al Niguarda. Dove, come si ricordava all'inizio, la sua degenza è stata piuttosto "dorata", sia per le casse dello Stato (si era parlato di 700 euro al giorno) sia per le condizioni: stanza singola, nessun piantonamento, uso del cellulare, visite degli amici e una certa libertà di azione. Libertà di cui, appunto, Cavorsi s'approfittava un po' troppo.

Nel 2014 la notizia dell'ergastolano in ospedale è stata resa pubblica. Costi compresi. La detenzione ospedaliera riguardava, in quel momento, 1.200 persone. Per Cavorsi si sono mossi i ministri della giustizia (Andrea Orlando) e della salute (Beatrice Lorenzin) con ispezioni per vederci più chiaro. E l'uomo è stato trasferito in una struttura comunale, meno costosa per le casse pubbliche. Ma nel 2016 è stato ritrasferito al Niguarda, dov'è rimasto fino ad ora.

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