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Cronaca

Morte clochard, Furlan (City Angels): "L'unico modo di salvarli e' ricoverarli in modo coatto"

"Per i soggetti più a rischio, ci sia un Tso", spiega Furlan. I casi sono rari, ma quasi sempre sono gli stessi senzatetto che non vogliono essere aiutati

"L'unico modo per salvar loro la vita? Ricoverarli in modo coatto".

Sono le parole di Mario Furlan, fondatore a Milano della rete di volontari City Angels. La scorsa notte, infatti, in via Vittor Pisani, un'arteria che di notte ospita decine di clochard ammassati agli ingressi di banche e studi di avvocati, sotto i portici è morto un uomo per il freddo. I casi sono rari, ma purtroppo può accadere. 

"Milano è la città più preparata alla gestione delle emergenze del freddo - spiega all'agenzia Agi -: oramai è raro che qualcuno muoia in strada per le basse temperature, ma può succedere. È per questo che propongo che per i soggetti più a rischio ci sia un trattamento sanitario obbligatorio dove si obblighi, anche con la forza, di portare i senzatetto ad entrare nelle strutture di accoglienza messe a disposizione dalle istituzioni". L’urgenza del Tso, spiega Furlan, è dovuta al fatto che alcuni senza tetto rifiutano di entrare nei centri di accoglienza: "A volte perché ubriachi o sotto effetto di stupefacenti, altre perché non vogliono unirsi agli altri nei centri per vecchie ruggini con alcuni, altre ancora perché non vogliono seguire le regole e gli orari dei centri. O più semplicemente voglia di stare soli. La misura più umanitaria comunque è portarli lì, in qualche modo".

Clochard morto a Milano - Foto © Mt

Le organizzazioni come la sua vivono grazie ai sussidi delle istituzioni: 10 euro al giorno, questo è lo standard previsto: "Ma è difficile offrire il massimo delle cure e del sostegno possibile con quella cifra. Servono i soldi per tre pasti e per le cure mediche essenziali, ma è davvero difficile riuscirci". Quella dei senza tetto vicino la stazione di Milano, la zona dove è morto il clochard l’altra notte, gli è nota: “Lì c’è sempre una colonia di persone, e si rifiutano di andare nei centri di accoglienza da sempre. Andiamo noi da loro per portargli da mangiare. Loro preferiscono stare in strada, non c’è modo di convincerli”, conclude Furlan.

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