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Cronaca

Moschea a Milano, Salvini (LN): "Non c'è nè l'urgenza nè lo spazio"

"A Milano non c'é l'urgenza di costruire una moschea e nemmeno lo spazio", afferma Salvini (LN). Aggiunge Formigoni: "Il tendone è il massimo disponibile"

"A Milano non c'é l'urgenza di costruire una moschea e non c'é nemmeno lo spazio". Lo ha affermato Matteo Salvini, capogruppo della Lega in Comune a Milano, dal "fortino" del Carroccio a Ponte di Legno, ribadendo un concetto espresso più volte dalla Lega. "Il tendone - ha spiegato replicando al presidente della Regione Roberto Formigoni che ha proposto una due giorni di confronto sul tema - è il massimo che si può dare".

"LO SPAZIO NON C'E'" - "E' vero che la cosa va risolta", ha ammesso Salvini, ma la sua ricetta é quella di "sgomberare" i luoghi di culto abusivi ricordando che per delle moschee "a Milano lo spazio non c'é". D'accordo con la proposta del vicepresidente del Consiglio regionale Andrea Gibelli, secondo il quale prima di dare il via libera a un luogo islamico deve essere fatto un referendum, Salvini ha aggiunto: "La questione non è urgente per i milanesi. Se gli islamici vogliono pregare possono farlo in casa loro".

DE CORATO: "SI PARLI CON INTERLOCUTORE AFFIDABILE" - Commenta le dichiarazioni di Salvini anche il vicesindaco Riccardo De Corato, con delega alla Sicurezza: "Sono d'accordo con la proposta di Formigoni a un incontro tra Pdl e Lega per discutere della questione moschea a Milano e trovare una posizione univoca. Ma prima di iniziare il dialogo ci sono almeno 3 precondizioni altrimenti il vertice rischia di andare a vuoto. La prima è un' intesa tra Stato e comunità musulmana, al momento inesistente. Secondo, serietà e affidabilità degli interlocutori, garantiti dall'appoggio dei Paesi islamici moderati. Al momento con chi trattiamo? Di certo non possono essere i frequentatori di viale Jenner, i cui trascorsi la rendono poco credibile. Terzo, chiarezza sui controlli da parte delle forze dell'ordine, su cosa si dice nella moschea che non può essere luogo di reclutamento del fondamentalismo. La vicenda, dunque, non è di mero interesse urbanistico ma riguarda la sicurezza di Milano e non solo. E non può essere risolta a tavolino dalle sole istituzioni locali. Il sindaco Moratti ha ragione a ribadire che il Comune aveva chiesto una legge nazionale. Che era stata promessa e annunciata mesi orsono dal ministro Maroni il quale aveva accennato a una serie di regole allo studio, dai sermoni in italiani al registro degli imam. Salvo poi eclissarsi".

VIALE JENNER "PERICOLOSO" - "Discutere della moschea - sottolinea De Corato - se poi gli interlocutori sono sempre i frequentatori di viale Jenner (via Padova è realtà marginale) è un problema. Perché quello è stato un crocevia del fondamentalismo islamico. Basti dire che nel quindicennio in cui l'ex imam Abu Imad è stato alla guida, condannato in ben 3 gradi di giudizio per associazione a delinquere aggravata alla finalità del terrorismo, questa moschea si è dimostrata la più collusa e inquisita d'Italia. Da quell'ambiente è passato Abu Omar, poi sequestrato dalla Cia. A viale Jenner era legato Mohamed l'egiziano, un attentatore di Madrid. E lo scorso dicembre è stato trasferito in un carcere milanese un detenuto di Guantanamo che faceva il barbiere in viale Jenner e che, secondo gli inquirenti, era parte di un gruppo che stava pianificando attentati al Duomo e alla metropolitana. Senza dimenticare che il kamikaze Game ha frequentato viale Jenner. E il portavoce Abdel Shaari è un soggetto non gradito a un grande Paese musulmano come l'Egitto. Che lo ha respinto alla frontiera, come riportava un'agenzia del 20 novembre 2008".

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