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Cronaca Duomo / Piazza del Duomo

Caldarroste, il comune: "Non c'è divieto". Ma il regolamento dice di sì

Nota del comune di Milano per rimarcare che le caldarroste possono essere vendute a poche decine di metri dalla piazza, per "tutelarne la bellezza"

Il comune di Milano prova a spegnere la bufera sul divieto di vendere caldarroste in piazza Duomo. Resta il fatto, però, che il divieto esiste da marzo, quando venne approvato ed entrò in vigore il nuovo regolamento del commercio su aree pubbliche. Si dirà: poco importa se le caldarroste vengono vendute in piazza, sotto i portici, oppure a una ventina di metri di distanza. Certo, non cambia molto se qualcuno le cerca apposta, ma potrebbe incidere sui ricavi di un'attività storica che guadagna anche grazie al passaggio involontario: non pensavo alle castagne, me le trovo davanti e decido di comprarle.

Il comune scrive: "I caldarrostai del centro continueranno tutti a esercitare la loro attività: milanesi e turisti, quindi, potranno continuare a gustare le caldarroste passeggiando tranquillamente sotto i portici, intorno al Duomo o lungo corso Vittorio Emanuele". Il comune aggiunge però che non c'è "divieto" bensì "riposizionamento", confermando pertanto indirettamente che in galleria Vittorio Emanuele, piazza Duomo (compreso sagrato basso e portici settentrionali), piazzetta Reale, piazza della Scala, via Mengoni e piazza di Santa Maria delle Grazie non è possibile vendere caldarroste (ma consumarle sì). Lo dice, molto chiaramente, il regolamento approvato a marzo, all'articolo 27: sono gli "ambiti territoriali nei quali per ragioni di pubblico interesse non vengono rilasciate/rinnovate le concessioni di suolo pubblico per il commercio su area pubblica extramercato".

E per di più, fuori da quei luoghi ma nell'asse San Babila - Cairoli (quindi, ad esempio, corso Vittorio Emanuele e largo Cairoli, dove i caldarrostai sono da sempre presenti), i venditori di caldarroste avranno bisogno del "sì" del comune e della soprintendenza: "le occupazioni extramercato verranno rinnovate previo parere obbligatorio e vincolante della soprintendenza ai beni ambientali e architettonici e settore arredo urbano e verde", recita l'articolo 26 dello stesso regolamento.

Come spiega il comunicato del comune, l'obiettivo è quello di "tutelare la bellezza della zona": il divieto c'è, ma qualche decina di metri più in là si può fare. Resta da chiedersi (ed è il 'nocciolo' della questione) se la "bellezza della zona" è davvero messa a rischio da un castagnatt.

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