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Cronaca

Scuola: schiscetta da casa sì o no? E' polemica tra regione e comune

Il caso della bambina allontanata dal locale refezione perché aveva "osato" portare da casa la schiscetta. La vicesindaco durissima: "La madre ha fatto violare alla figlia una regola"

Rimonta la polemica sulla possibilità o meno di portare a scuola la "schiscetta" da casa, per sostituire il pranzo scolastico. Il 9 settembre una sentenza del tribunale di Torino ha riconosciuto il diritto di 58 famiglie di quella città a fare esattamente questo. Al contrario, a Milano (alla scuola elementare Pirelli, in via Goffredo da Bussero a Niguarda), è stata allontanata dallo spazio del refettorio perché stava consumando un pasto portato da casa.

Sulla questione sono intervenute le titolari della delega all'educazione in regione Lombardia (Valentina Aprea, di Forza Italia) e nel comune di Milano (la vicesindaco Anna Scavuzzo, del Partito Democratico). Con posizioni diametralmente opposte.

Aprea difende a spada tratta la famiglia della bambina allontanata. «Scavuzzo chieda scusa», ha dichiarato: «E' grave la discriminazione gratuita che il comune di Milano da una parte e le dite che erogano i pasti dall'altra stanno operando nei confronti dei minori e delle loro famiglie milanesi e lombarde». Aprea ha anche annunciato un tavolo di confronto per il 4 ottobre con istituzioni e associazioni, e sostiene che l'ordinanza del tribunale torinese «non vale solo per quelle 58 famiglie».

La regione è pronta «ad aprire la strada, con le giuste cautele, a pranzi alternativi nei percorsi scolastici». Il Pirellone si era già occupato dell'argomento quando era esploso il caso di Corsico, dove il sindaco Filippo Errante (centrodestra) conduceva una battaglia durissima contro i "morosi" delle mense scolastiche, minacciando la sospensione del servizio per chi non pagava l'arretrato. Il consiglio regionale aveva approvato un ordine del giorno (con i voti del Movimento 5 Stelle, di Ncd e di Forza Italia) per permettere alle famiglie di mandare i figli a scuola con la schiscetta.

Di tutt'altro avviso - ma altrettanto dura - la vicesindaco Scavuzzo. Secondo l'esponente del Pd, l'ordinanza di Torino è valida solo per i ricorrenti. «A Milano nessuno può pretendere di consumare un qualsiasi pasto portato da casa all'interno dei locali adibiti alla refezione», attacca: «Una normale regola che la madre della bambina ha ripetutamente violato, anzi ha fatto violare alla figlia». 

Il dibattito è acceso anche tra gli esperti: nutrizionisti e psicologi. Non sono pochi a ritenere che il pasto preparato a scuola insegni ai bambini la varietà e li "inciti" a superare pregiudizi per qualche cibo in particolare. Tuttavia (dati 2015) una mensa scolastica su quattro, in Italia, è fuori norma, secondo i controlli dei Nas, con cibi alterati e conservati male. E ben otto famiglie italiane su dieci ritengono che le mense scolastiche dovrebbero offrire cibi più sani.

La questione rimane aperta. Anche perché c'è pure un lato economico: Milano Ristorazione, monopolista delle mense scolastiche a Milano, è partecipata al 99% da Palazzo Marino. E Palazzo Marino, con una nota della direzione centrale educazione e istruzione (firmata dalla responsabile, Lina Lucarelli), ha sottolineato che la sentenza di Torino vale solo tra le parti e che a Milano le disposizioni rimangono le stesse.

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