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Cronaca

Ruby, Minetti condannata: ma non ha mai cambiato versione

Con Berlusconi "c'era amore vero": la storia processuale dell'ex consigliere regionale

Per lei la condanna non poteva essere altro che la "degna conclusione di questa inverosimile storia". Storia, quella dei presunti festini a luci rosse ad Arcore, di cui lei sarebbe stata una della protagoniste.

Festini su cui, tra l'altro, ha chiesto lumi sperando "che qualcuno un giorno riesca a spiegarmi che cosa ho fatto di così straordinariamente terribile". Nicole Minetti è rimasta sempre uguale a se stessa. Sebbene negli ultimi due anni e mezzo sia stata bersagliata da gravi accuse, non ha mai cambiato versione e ha sempre tenuto duro. E in aula, davanti ai giudici, non solo si è difesa ma ha tentato di smontare il Rubygate buttandola sul sentimentale e ricordando che quello da lei provato per Silvio Berlusconi fu "amore vero".

Prima ballerina e showgirl del piccolo schermo, poi igienista dentale al San Raffaele e del Cavaliere, e poi ancora, grazie a lui, e pare anche a Don Luigi Verzé, consigliere regionale della Lombardia, Nicole Minetti, dopo essere passata per le forche caudine del processo Ruby e aver lasciato la politica, è ritornata a fare serate in discoteca e a far parlare di sé per i suoi flirt.

Eppure per lei la pena, 5 anni in primo grado, inflitta dal tribunale di Milano per induzione e favoreggiamento della prostituzione - anche se esce assolta dalle accuse riguardanti la prostituzione minorile, e quindi Ruby, è di quelle che pesano -. L'ipotesi dei pm, ritenuta valida dai giudici, è che lei sarebbe stata una sorta di "tenutaria", per dirla con le parole usate in requisitoria, che organizzava le feste ma soprattutto gestiva i compensi, trasformati anche nell'affitto gratuito degli appartamenti nel residence di via Olgettina, delle ragazze ospiti alle serate.

Accuse davanti alle quali, questo è quel che ha lasciato percepire, non si è quasi mai scomposta, bruciando anche lungo la strada del procedimento due avvocati ai quali ha revocato il mandato, quando era corsa la voce che la linea difensiva poteva essere diversa da quella del Cavaliere. Accuse che ha respinto al mittente ritenendo si basino, così ha detto nelle sue dichiarazioni spontanee, "solo su un teorema privo delle indicazioni di concreti fatti di reato, fondato su un malcelato moralismo".

Moralismo che, tra l'altro, non è proprio nelle sue corde. Basti pensare alla reazione, dopo la testimonianza in Tribunale della sua ex amica Melania Tumini che aveva descritto cene a base di 'bunga-bunga' definendole "allucinanti": "Non provo vergogna, né imbarazzo", aveva assicurato nei corridoi del Palagiustizia l'allora consigliere regionale. In una delle intercettazioni, una di quelle passate alla storia dell'inchiesta e dei processi, l'allora esponente del Pdl, però, diceva di volere "un attimo briffare" la sua amica Melania sulle "varie tipologie di persone" che avrebbe incontrato a Arcore: "Ne vedrai di ogni. C'è la zoccola, c'è la sudamericans che non parla italiano e viene dalla favelas, c'è quella un po' più seria, c'è quella via di mezzo tipo Barbara Faggioli e poi ci sono io che faccio quello che faccio".

Sempre a quel tempo - in pieno periodo di bagordi a casa di colui con cui pensava di avere "una relazione esclusiva", un legame di "amore vero" e che al telefono chiamava "love of my life" - aveva confidato all'ormai ex amica che Villa San Martino era anche "un'occasione di divertimento" e che, d'altronde, "non faceva nulla di male". Un "nulla di male" per cui ora è stata condannata a cinque anni di carcere.

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