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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Milano, donna incinta al sesto mese morta coi suoi due gemellini: “Poteva essere salvata”

Ecco la perizia del consulente incaricato dalla procura di far luce sulla morte della donna

Sarebbe bastato, secondo il consulente tecnico, che i medici si accorgessero in tempo di quello che stava succedendo. Sarebbe stato sufficiente intervenire subito, senza perdere tempo. 

Poteva essere salvata Claudia Bordoni, la donna di trentasei anni, incinta al sesto mese, morta il 28 aprile scorso nella clinica Mangiagalli di Milano insieme ai due gemellini che portava in grembo. A metterlo nero su bianco è Dario Raniero, il consulente incaricato di far luce sulla morte della donna, uccisa - come stabilito dall’autopsia - da un’emorragia dovuta ad un’endometriosi

La gravidanza di Claudia, che aveva fatto ricorso alla fecondazione assistita, non era stata affatto semplice. In pochi giorni, prima del dramma, era stata già nei pronto soccorso dell’ospedale San Raffaele e di Busto Arsizio per dei forti dolori addominali. Poi, trentasei ore prima della morte, era arrivata alla Mangiagalli, dove la sua gravidanza era stata considerata a rischio. 

Secondo il consulente del pubblico ministero, la mattina del 28 aprile, se la ginecologa avesse approfondito i sintomi manifestati dalla manager trentaseienne avrebbe individuato la causa dell’emorragia e con un taglio cesareo, avrebbe potuto salvarle la vita. 

Nell’inchiesta per omicidio colposo aperta dal pm Maura Ripamonti risultano indagati, con l’ipotesi di reato di omicidio colposo, una ginecologa, una psichiatra e due ostetriche della Mangiagalli. Tutte sono ritenute responsabili, dal pm, di aver ignorato il reale pericolo che ha poi ucciso Claudia. 

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