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Cronaca Stazione Centrale / Piazza Duca d'Aosta, 1

Uccise, torturò e violentò profughi: per il "seviziatore" no al rito abbreviato

Il giovane era stato arrestato a Milano a settembre 2016, riconosciuto per caso da alcune delle sue vittime

Non sarà processato con rito abbreviato il 22enne Osman Matammud, somalo arrestato a Milano ed accusato di avere gestito il "campo profughi degli orrori" in Libia. Il gup Maria Vicidomini ha respinto l'istanza avanzata dal suo avvocato difensore, che prevedeva il processo abbreviato con conseguente sconto della pena e da celebrare a porte chiuse, a condizione di rintracciare alcune delle vittime non ancora individuate. Matammud sarà dunque processato davanti alla corte d'assise. Il processo inizierà il 6 luglio. 

Il 22enne è stato riconosciuto da alcune delle sue vittime nei pressi della Stazione Centrale di Milano, il 26 settembre 2016, e ha rischiato il linciaggio. Da lì passava una pattuglia della polizia locale che, notato il trambusto, è intervenuta. L'arresto è stato conseguente. Nei mesi successivi la procura di Milano ha raccolto le testimonianze di alcune persone che erano transitate dal campo libico di Bani Walid durante la traversata verso l'Europa, che - con racconti tra loro compatibili - hanno confermato gli orrori a cui avevano assistito o di cui erano stati vittima.

VIDEO - Milano, il seviziatore circondato in strada dalle sue vittime 

Foto video arresto seviziatore profughi-3

La terribile fotografia che ne emergeva era quella di un "seviziatore di professione", impegnato a terrorizzare, violentare, torturare e addirittura uccidere le sue vittime nel caso in cui queste non pagassero (attraverso i familiari rimasti a casa) l'ultima "tranche" per il viaggio della speranza. 

«Sono stata quattro mesi nel centro di Bani Walid», ha raccontato una ragazza, ancora minorenne, agli agenti della polizia locale e agli inquirenti. Proprio a loro, in lacrime ma con la forza dei ricordi, ha descritto la sua prima notte in quello che il pm Marcello Tatangelo ha descritto come un vero “campo di concentramento". «Ismail è venuto nell’hangar, mi ha presa e mi ha stracciato il vestito davanti a tutti - il suo racconto dell’orrore -. Poi quando sono rimasta nuda ha cercato di penetrarmi, ma non ci è riuscito perché io sono infibulata… Mi ha portato in una stanza di un edificio vicino, mi ha legato le mani dietro la schiena, mi ha messa per terra, mi ha aperto le gambe e con uno strumento metallico ha aperto l’accesso alla mia vagina, al fine di penetrarmi praticando un taglio attraverso l’infibulazione. Lì dal dolore sono svenuta, quando mi sono svegliata mi aveva già violentato». 

Poi, non si sa bene per quale ragione, il 22enne aveva deciso di arrivare in Italia lui stesso (o era stato costretto a farlo). L'ingresso nel nostro Paese risalirebbe al 23 settembre, pochissimi giorni prima dell'incontro casuale, a Milano, con alcune delle sue precedenti vittime.

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