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Cronaca via paolo sarpi

Paolo Sarpi: nessun portale cinese, "troppo costoso"

La marcia indietro degli imprenditori cinesi: "Per smontarlo dopo Expo non ne vale la pena. Non è stato compreso lo spirito"

Non si faranno i portali cinesi in via Paolo Sarpi: costano troppo per essere provvisori. Lo ha annunciato il presidente dell'unione imprenditori Italia-Cina, Francesco Wu. Il consiglio di zona 1 si era espresso dicendo sì a patto, appunto, che dopo Expo i portali fossero rimossi.

Ovviamente festeggiano quelli dell'associazione Vivi Sarpi, secondo cui i portali avrebbero significato ghettizzazione del quartiere. Vale la pena di ricordare che nel primo ghetto, quello di Venezia, era impedito ai non ebrei di vivere; e di sera veniva letteralmente chiuso attraverso porte apposite. Simile il ghetto romano, dove gli ebrei erano di fatto costretti a vivere. Sembra quindi che la parola ghetto non sia la più appropriata per descrivere la situazione dei quartieri - di tutto il mondo - con una visibile presenza cinese nell'economia e nella vita quotidiana.

"Il paifang è una porta di benvenuto. Aperta, non chiusa", prova a spiegare Wu, anche se a posteriori. "Questo aspetto non è stato colto". D'altra parte - negli ultimi anni - il comune di Milano ha sempre cercato - con l'appoggio dei residenti italiani - di rendere la vita "difficile" ai cinesi, ad esempio con le forti limitazioni d'orario nel carico-scarico delle merci, con l'obiettivo dichiarato - oltre che di perseguire l'illegalità - di far desistere i commercianti all'ingrosso dall'avere i loro punti vendita nel quartiere. 

E con successo, visto che in zona i grossisti sarebbero ormai in forte calo, secondo quanto riferisce il Corriere. Anche per l'aumento degli affitti degli spazi commerciali, visto che 45 metri quadri costano 5 mila euro al mese, come avviene di frequente quando un quartiere viene valorizzato (c'è l'isola pedonale) ed è in via di "gentrificazione".

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