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Cronaca

"Si è scambiata un'infezione appena più seria di un'influenza per una pandemia letale"

Lo ha detto Maria Rita Gismondo, la dottoressa a capo della microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano

"I miei angeli sono stremati. Corro a portar loro la colazione". Maria Rita Gismondo, responsabile della microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano, centro di riferimento nazionale insieme all'Istituto Spallanzani di Roma, descrive così su Facebook il superlavoro al quale sono chiamati in queste ore i 'camici bianchi' in prima linea come lei contro l'emergenza coronavirus.

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"Il nostro laboratorio ha sfornato esami tutta la notte. In continuazione arrivano campioni", scrive. "Oggi la mia domenica sarà al Sacco. Vi prego, abbassate i toni", conclude l'esperta che ritiene "una follia" scambiare "un'infezione appena più seria di un'influenza per una pandemia letale. Non è così. Guardate i numeri. Questa follia farà molto male, soprattutto dal punto di vista economico".

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Giovanni Maga, direttore dell'Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pavia, ha commentato all'Agi il primo grande studio condotto finora in Cina sul nuovo coronavirus. Lo studio clinico in questione analizza la morbilità, vale a dire la frequenza percentuale di una malattia in una collettività, e l'intensità dei sintomi e della letalità del virus.

Ebbene, secondo il dottor Maga questo studio "conferma il quadro che si era già venuto a definire in queste ultime settimane: siamo di fronte a un'infezione che nell'80% dei casi causa sintomi lievi e all'incirca il 95% delle persone guarisce senza gravi complicazioni". I dati al momento "ci dicono che soltanto un numero limitato di persone può avere conseguenze anche letali, soprattutto se si tratta di persone anziane e/o con problemi di salute come malattie cardiovascolari pregresse".

Il virologo spiega poi che "la mortalità più apparentemente elevata nella provincia di Hubei, e in particolare nella città di Wuhan, dipende probabilmente dalle difficoltà riscontrate soprattutto nelle prime fasi dell'epidemia a fornire un'assistenza puntuale ed adeguata a tutti i casi che si presentavano". Nelle altre province, invece, "la gestione dei casi gravi ha consentito di abbassare il tasso di mortalità fino a livelli dello 0,1-0,3%, confermando di nuovo che si tratta di una malattia infettiva in grado di dare conseguenze anche gravi ma in una fascia di persone ben definita e a cui invece l'assoluta maggioranza delle persone risponde senza andare incontro a gravi patologie e quindi risponde con la guarigione", conclude il virologo.

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