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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

E' gay e scappa dal Marocco, ma la questura di Milano voleva espellerlo: ora è un rifugiato

Via Fatebenefratelli aveva sancito che non sussistevano ragioni di protezione internazionale. Una decisione che, però, deve prendere l'apposita commissione territoriale. Che ha fatto giustizia

La sua omosessualità gli ha permesso di ottenere la protezione internazionale in Italia poiché nel suo Paese, il Marocco, è un crimine perseguibile con il carcere. Intanto, però, l'uomo aveva già ricevuto un provvedimento di espulsione dalla questura di Milano, a cui non ha ottemperato per presentare un ricorso presso il giudice di pace. E ci ha visto giusto: ha trovato, si sarebbe detto una volta, "un giudice a Berlino", un'espressione mutuata da Bertolt Brecht per indicare che, prima o poi, è possibile trovare qualcuno che ci rechi giustizia.

La storia, raccontata nei dettagli da Ferrarella sul Corriere, inizia quando l'uomo (in italia da tempo) perde il permesso di soggiorno perché rimasto senza lavoro. La legge è chiara: per rinnovare il permesso occorre dimostrare di avere un lavoro. Non così, in verità, per la carta di soggiorno a tempo indeterminato, anche se alcune questure (tra cui quella milanese) fino a qualche tempo fa chiedevano senza diritto anche la dimostrazione del lavoro. Ma torniamo al protagonista della vicenda.

La questura: «Non ha diritto alla protezione, va espulso»

L'uomo era giunto in Italia con un visto per sposarsi. Un matrimonio, appunto, di facciata per poter arrivare nel Bel Paese legalmente. Ma poi aveva ottenuto il permesso per lavoro. Che, abbiamo detto, perde. Così nel 2017 fa domanda di protezione internazionale in questura, e per tutta risposta riceve un decreto di espulsione perché, da una parte, il marocchino non ha diritto a restare legalmente in Italia senza permesso e, dall'altra, ha collezionato qualche denuncia tra cui il falso in scrittura privata e la diffamazione.

Nell'atto di espulsione c'è però anche un'affermazione che innesca il ricorso al giudice di pace. La questura afferma che «non ricorrono seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali». Proprio così: la questura di Milano svolge il lavoro che sarebbe di competenza della commissione territoriale per le domande d'asilo. Un avvocato del Naga se ne accorge e presenta ricorso al giudice di pace.

Costretto a scappare dal Marocco perché gay

E il giudice di pace, proprio come il "giudice a Berlino" di brechtiana memoria che rese giustizia a un mugnaio in lotta con l'imperatore per un abuso, sancisce che l'espulsione va sospesa finché l'organo competente (la commissione territoriale per le domande d'asilo) non ha esaminato la pratica. La storia è a lieto fine, perché la commissione decide che l'uomo ha diritto alla protezione. In quanto gay, infatti, ha sempre vissuto in clandestinità la sua condizione in Marocco finché il fratello non l'ha scoperto e non ha minacciato di denunciarlo. Di qui la fuga in Italia attraverso un falso matrimonio. Ci sono, come si vede, tutti i crismi per garantirgli la protezione. 

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