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Martedì, 19 Marzo 2024
Cronaca Porta Venezia / Via Domenico Scarlatti

I fratelli, l'autista, Omega 3 e Caronte: la banda che voleva sequestrare l'uomo da 4 milioni

Il rapimento è stato sventato dai carabinieri. La banda contava di guadagnare fino a 4 milioni

Parlando tra di loro facevano spesso riferimento a "La casa de papel", la serie che ha reso celebre la banda dei Dalì in grado di svaligiare la zecca di Spagna e la banca centrale. Un po' come Berlino e soci, cercavano di usare il meno possibile i loro nomi veri, affidandosi a soprannomi abbastanza fantasiosi. E proprio come i protagonisti del film avevano studiato a tavolino il loro piano nei minimi dettagli. A differenza del gruppo del "Professore", però, non c'erano soldi da stampare né oro da rubare ma un imprenditore da sequestrare per portare a casa un bottino tra i due e i quattro milioni e mezzo di euro. Soldi che, purtroppo per loro, resteranno poco più che un miraggio perché a rovinare i loro piani ci hanno pensato gli investigatori, che li hanno arrestati tutti. 

In manette, per il tentato sequestro di un bolognese che fa affari con i bitcoin, sono finite undici persone tra menti della banda, "intermediari" e uomini che avrebbero dovuto fare il lavoro sporco, quelli che loro chiamavano "operai". 

I fratelli, l'autista e gli altri

I capi degli "operai" erano i fratelli Laura e Giulio Brioccia - trenta anni lei e quaranta lui -, due imprenditori veronesi titolari di un'azienda che si occupa di logistica e che in passato avevano fatto affari con la vittima designata. Subito sotto c'era Salvatore Guzzo, un napoletano 47enne da anni trapiantato a Reggio Emilia - dove lavora come autista dei bus di linea -, fidanzato della Brioccia e accompagnato dall'inseparabile braccio destro Antonio Cerqua, anche lui residente a Reggio Emilia. 

Il contatto di Guzzo per la "manovalanza" era invece Giovanni Pezzella, quarantacinque anni, qualche vecchio precedente di polizia che lo lega in qualche modo al clan camorristico dei Formicola e uomo in grado di muovere batterie di criminali in giro per l'Italia da Napoli. A chiudere la banda c'era poi Diego Frigerio, un 38enne milanese formalmente residente in Svizzera che aveva messo a disposizione la sua casa in zona Chinatown come covo per il sequestro. 

L'indagine sul "buco" e il sequestro

Un piano di sequestro nel quale i carabinieri della stazione di Cornaredo, guidati dal maresciallo Luca Tiraboschi, sono incappati quasi per caso a inizio anno. È febbraio e a causa di una frode informatica da alcune aziende di Cornaredo spariscono tre milioni di euro. 

I militari iniziano le loro indagini che portano proprio a fratello e sorella veronesi, che in quel momento sono in difficoltà economiche e hanno debiti con alcuni loro clienti. Così, i due - che come nome in codice hanno "maschio" e "femmina" - iniziano a progettare il rapimento dell'imprenditore bolognese. 

Il primo passo che i fratelli Brioccia compiono è contattare Guzzo o "Omega 3", come viene chiamato dal resto della banda per la sua smisurata passione per la palestra. L'autista di bus è nato e cresciuto a Napoli, ha mantenuto "vecchi amici nel quartiere" - per dirla con le parole di uno degli investigatori - e infatti arriva fino a Pezzella - alias "quello di giù" -, che dà subito il suo benestare all'operazione, dicendosi pronto a mandare a Bologna una "squadra" per il rapimento. 

La rapina finita male

E una squadra in effetti arriva. A novembre, quasi come si trattasse di una "prova", viene organizzata una rapina in una sala scommesse di Modena: il colpo riuscirà ma gli "operai" e i capi litigheranno sulla quantificazione del bottino - sembra che i banditi avessero fatto sparire diverse migliaia di euro -, il rapporto di "lavoro" si interromperà e sei saranno arrestati.

"Quello di giù", però, non si scompone. Organizza un'altra batteria e stringe accordi con i due fratelli e l'autista: il lavoro verrà a costare 50mila euro, più il 10% del totale. La banda, dopo un'iniziale difficoltà a trovare un buon rifugio nel Bolognese, vira su una strada alternativa e a fine novembre perfeziona il piano. 

Il sequestro in Centrale

Il copione è semplice: uno dei due fratelli darà appuntamento all'obiettivo a Milano - l'imprenditore ha un suo studio a due passi dalla stazione Centrale - e lì entreranno in gioco i sequestratori, che lo porteranno poi a casa di Frigerio, nome di battaglia "Caronte" o "Barbetta", in zona Chinatown. 

A quel punto, i fratelli e "Omega 3" si occuperanno di convincerlo - con le buone o le cattive - a trasferire sui loro conti all'estero tutti i soldi che ha: un'operazione che dovrebbe durare almeno due giorni, durante i quali lui resterà prigioniero. E di soldi, secondo la banda, l'imprenditore ne ha tanti, davvero tanti, probabilmente fino a quattro milioni e mezzo di euro. 

Gli arresti

A inizio dicembre è ormai tutto pronto. Due uomini salgono a Milano da Napoli per gli ultimi sopralluoghi e le ultime verifiche e mercoledì viene scelto come il giorno del sequestro. 

Così, la sera prima i quattro "operai" napoletani, tra cui uno con legami con il clan Rinaldi, arrivano in Lombardia e si incontrano con "Caronte" e con un suo amico milanese, che la mattina seguente ha il compito di pedinare l'imprenditore - che la banda chiamava "Rigido" - dalla sua casa di Bologna fino a Milano. 

Quello che i criminali non possono sapere è che i carabinieri della compagnia di Corsico, guidati dal capitano Pasquale Puca e dal tenente Armando Laviola, hanno ascoltato praticamente ogni loro conversazione e letto ogni loro messaggio. 

La carriera dei "novelli Dalì" finisce quella sera stessa: i militari intervengono fuori da un albergo di Cinisello e arrestano i quattro napoletani e il secondo milanese, che con loro hanno manganelli telescopici, uno storditore elettrico e false placchette da finanzieri che sarebbero servite per convincere la vittima a salire in auto.

In alternativa la banda avrebbe fatto ricorso alla violenza: "Omega 3", intercettato, aveva espressamente detto di essere pronto a usare sul "Rigido" i cavi che di solito si usano per far partire le batterie delle auto. Anche quello sarebbe servito per portare a casa i soldi.

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