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Cronaca Legnano

L'impero dei rottami: camion vuoti e rifiuti spariti, la maxi truffa da 56 milioni di euro

Scoperta una maxi truffa coi rottami: rifiuti spostati "di nascosto" e documenti falsi

Avevano costruito un impero sul nulla. Un regno fatto di aziende, soldi, auto e conti correnti poggiato su fondamenta inesistenti, così come inesistenti erano i carichi dei loro camion mandati in giro per l'Italia e per l'Europa soltanto per coprire i loro affari. 

La guardia di finanza di Legnano ha eseguito giovedì mattina un'ordinanza di custodia cautelare a carico di 28 indagati - 7 dei quali in carcere e altri 7 ai domiciliari -, tutti ritenuti parte attiva di un'enorme truffa messa in piedi a partire da una società che si occupa di recupero e commercializzazione di rottami ferrosi. I reati che vengono contestati alla banda nell'inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e ribattezzata "l'impero di metallo" sono tanti e gravi. Si legge in una nota dei finanzieri e della procura di Milano: "Associazione a delinquere, traffico illecito di rifiuti, frode fiscale, riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di denaro aggravati dall'aver commesso i fatti a mezzo di un'organizzazione criminale transazione operante in Lombardia, Ungheria e Croazia". 

I camion vuoti e i rifiuti spariti

L'inchiesta - nella quale risultano anche altri 25 indagati a vario titolo con le stesse accuse - è partita da una verifica fiscale nei confronti di una società che tratta rifiuti ferrosi e che - scrivono investigatori - "risulta evasore totale dal 2011". Da lì le fiamme gialle sono riuscite a dimostrare che nel periodo di indagine la ditta ha finto di trattare 74mila tonnellate di rottami che in realtà venivano "movimentati senza tracciabilità occultandone dolosamente il produttore" dopo una compravendita in nero. In questo modo, evidentemente, il gruppo riusciva a smaltire i rottami senza seguire tutti gli obbligi previsti per legge e risparmiando, chiaramente, denaro.

Per non dare troppo nell'occhio, però, la ditta - sempre stando all'indagine - faceva comunque entrare e uscire dai propri capannoni dei camion - in realtà vuoti - e compilava "falsamente forumali e documenti di trasporti". La banda avrebbe così emesso "fatture false per oltre 56 milioni di euro, con una Iva evasa di 1.184.000" anche con l'aiuto di "altre 42 società, alcune delle quali esclusivamente cartiere con una bassa reale operatività". 

Insieme alle manette per i 14 finiti in cella e ai domiciliari - tra cui risulta anche un commercialista di Cuggiono - all'alba sono scattati anche i sequestri. I finanzieri hanno messo le mani su 15 immobili, 4 capannoni, 6 auto, quote di 9 aziende e oltre 50 conti correnti per un tesoro di 15 milioni e mezzo. 

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