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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Frontalieri, il Ticino dice basta. Le reazioni in Lombardia

Quanti sono i frontalieri che ogni giorno vanno a lavorare in Canton Ticino? Perché i nostri "vicini" vogliono stopparli? Che cosa succederà?

In Canton Ticino ha vinto il "sì" all'iniziativa popolare "Prima i nostri", promossa dalle destre (Udc e Lega Ticinesi), con un tondo 58% di consensi. Il tema è quello dei lavoratori frontalieri che, nel cantone, provengono dall'Italia: anzitutto le province di Varese e Como, poi Lecco e Verbano-Cusio-Ossola. Soltanto l'ultima delle occasioni in cui i "vicini di casa" hanno manifestato il loro disappunto nei riguardi degli italiani che, ogni giorno, si recano a lavorare in Svizzera. Accusati di "rubare lavoro agli svizzeri" accettando paghe inferiori. Ma finora veri e propri "blocchi" non si sono mai verificati. E peraltro dal 2015 si assiste ad un calo di frontalieri verso il Ticino (si vedano i dati precisi più sotto).

La conseguenza dell'iniziativa popolare è incerta: di sicuro non vi saranno effetti automatici perché le politiche del lavoro, in Svizzera, sono di competenza dell'amministrazione centrale. E di mezzo c'è l'accordo sulla libera circolazione delle persone con l'Unione europea, a sua volta alle prese con le "spinte" euroscettiche in seno a molti Paesi. I commentatori sono concordi nel pensare che l'iniziativa "Prima i nostri" avrà una conseguenza legislativa (in Svizzera si tiene in gran conto la volontà popolare) ma non così drastica come si potrebbe temere. Una sorta di versione "leggera" della volontà dei proponenti.

La questione è però prepotentemente rimbalzata nella politica lombarda e anche italiana. Si è espresso anche il ministro degli esteri Paolo Gentiloni, proprio sottolineando che l'accordo di libera circolazione impedisce di limitare i frontalieri. «Non possiamo essere vittima di migrazioni epocali e nel contempo subire pesanti restrizioni a carico di chi lavora», ha affermato invece Riccardo De Corato di Fratelli d'Italia; e il presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, nell'evidenziare che «parliamo di lavoratori e non di clandestini», ha promesso che incontrerà il suo pari grado ticinese per discutere della cosa. Maroni ha anche annunciato che chiederà al premier Matteo Renzi una "zona franca" al confine con la Svizzera per agevolare assunzioni di italiani in Italia. 

Anche dal centrosinistra arrivano "stoccate": «Le sfide attuali - ha argomentato Chiara Braga, deputata comasca del Pd - ci devono impegnare con lungimiranza nell'immaginare un futuro comune per questa area alpina invece di alzare muri». «Dopo anni in cui si fomentano esclusioni e nazionalismi, ora Maroni dice di volersi impegnare per garantire la "libera circolazione e i diritti dei lavoratori"», ha ironizzato invece Chiara Cremonesi, coordinatrice regionale di Sel. 

IL DIVIETO DI CABOTAGGIO | I NUMERI DEI FRONTALIERI

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