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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Economia

Intervista a Giovanna Talocci della Talocci design

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di MilanoToday

Designer di fama nazionale che da sempre coniuga stile, eleganza e professionalità in tutti i suoi progetti. Studiosa attenta del benessere e dei suoi benefici, è riuscita a portare in casa la "zona coccole"

Gentile Giovanna Talocci, lei che è stata una delle pioniere del design, in particolare del design dell'arredo bagno, che definizione darebbe attualmente alla parola"design" ?

Tenderei a non dare una definizione alla parola design… è difficile… il design è una mentalità, un tipo di approccio (progettuale) alla risoluzione dei problemi che cerca di esaminare il mondo com'è. Significa pensare a progetti più grandi, ai cambiamenti sociali, alle popolazioni nuove che hanno più bisogno di capire come risolvere i problemi attraverso i prodotti ma anche attraverso i servizi. Il Design è progetto in senso lato… dare una definizione forse non è nemmeno possibile in questo momento.

C'è chi definisce il "designer" un innovatore di forme e di funzioni e chi una sorta di anticipatore di nuove linee estetiche emergenti. Lei che tipo di designer si definirebbe? Cosa le ha fatto capire che voleva intraprendere questo lavoro?

Indubbiamente quando si fa un progetto si innova, design è progetto innovativo.. ma non mi interessa molto il design che è solo cambiamento di linee estetiche.. queste vengono fuori già dalla ricerca stessa di innovazione. Come mi definirei come designer? Beh posso dire che In questo lavoro mi ci sono trovata, sono partita dall'arredamento di interni e quando ho cominciato io non c'erano delle vere e proprie scuole di design… capire che si potevano dare nuove forme e nuove funzioni ad oggetti di vita comune, trovare una soluzione migliore rispetto a quello che già c'è… anche se migliore è soggettivo, io l'ho capito strada facendo e mi sono appassionata. - C'entra la curiosità per le cose allora? - La curiosità? E' certamente la base del lavoro, non può esistere un creativo che non sia curioso, se non sei curioso non sei preoccupato di cosa c'è dietro o avanti alle cose, cosa è stato già fatto e portarlo avanti. Nuovi materiali portano a nuove idee… perchè nuove idee? perché cambia la società. Tutto logicamente è filtrato dalla mia formazione di liceo artistico, formazione di carattere estetico che vede il bello come uno dei valori irrinunciabili nella vita di chiunque. Secondo me non c'è nessuno che può rinunciare al bello, il bello c'entra ma non può essere fine a se stesso, non inteso come decorazione ma risultato di progetto.

Lei è stata una delle relatrici al convegno/evento " I percorsi de Design" ad Ercolano in Napoli, promosso da habitage.it in cui ha parlato della sua esperienza lavorativa e "dell'importanza di raccontare il design proprio in questi luoghi".. cosa intendeva dire con quest'affermazione?

Intendo che, per mia convinzione, in questi luoghi c'è bisogno di una rinascita. Lì a Villa Campolieto eravamo in un posto meraviglioso dove chiaramente c'era un progetto bellissimo di design del '700 ma c'era anche, a due passi, il design di 2000 anni fa, gli Scavi di Ercolano,dove ci sono cose fantastiche… ricordo ancora l'emozione che ho provato io, che da sempre mi occupo di terme domestiche, nello scoprire che dopo tanti secoli da un rubinetto dell'acquedotto uscisse ancora acqua. Trovo infatti inaccettabile e mi fa stare male che luogo dove la cultura ed il bello sono stati espressi ad altissimo livello nel corso dei millenni, sia invece ora conosciuto per il suo degrado. Mi sembrava importantissimo riportare in quei luoghi il culto del progetto, del design… riportarlo non solo dal punto di vista del bello ma anche come valore economico, come possibilità di sviluppo. Solo se le istituzioni e le imprese locali riscoprissero l'importanza progettuale mirata all'evoluzione della propria attività e dei propri paesi, si riporterebbe la Campania all'antico splendore di una certa civiltà millenaria un po' dimenticata.

habitage.it ha anche organizzato, come iniziativa a latere dell'evento, il concorso per giovani designer… lei, anche in qualità di membro ADI, come vede questo tipo di iniziativa? Se posso chiedere… che suggerimento darebbe per migliorarla?

L'idea del concorso la vedobene come palestra per pensare non la vedo come mezzo per tirar fuori prodotti da produrre. Non un concorso fatto così, troppo complesso,proprio per la complessità del territorio e delle imprese che, non avendo sviluppato, nell'ultimo secolo, la cultura del progetto, devono prima essere accompagnati in questo percorso e non può farlo uno studente… impossibile! Ci vuole una competenza molto alta per accompagnare un'azienda che deve crescere e lo studente ha più facilità di fare un prodotto per una grande azienda affermata perché lì è lui che viene guidato. Si unirebbero così due inesperienze (studente e giovane impresa) e non si andrebbe molto lontano. Il concorso non lo vedo bene in questo senso, ma benissimo per far capire che si può riprogettare un territorio. Chiederei agli studenti o ai giovani professionisti di fare dei macroprogetti tesi ad analizzare la realtà di un luogo, creare un progetto legato alla riqualificazione o alla vita di quelle magnifiche ville. Quindi benissimo il concorso ma lo modificherei.

All'evento era presente anche il mondo universitario che ha manifestato la volontà di collaborare anche con il nostro network per essere d'ausilio ai giovani creativi…. che ruolo dovrebbe avere, a suo avviso, l'università in questo tipo di progetto?

Il suo… quello della formazione… non quello dei professionisti. A me ha colpito molto, e l'ho anche detto al convegno, che è stato presentato uno schema in cui si è parlato di mondo formazione, aziende ed istituzioni per lo sviluppo del territorio dimenticando completamente i professionisti. Il mondo universitario ha un senso perché deve formare dei professionisti che devono poi colloquiare con le aziende e le istituzioni, lì mancava la parte intellettuale operativa. L'Università è la parte intellettuale di preparazione al professionista, quindi importantissima, ed è la base ma non è la formazione che deve portare l'innovazione. La formazione prima, poi i professionisti, le istituzioni e infine le imprese, cioè quelle aziende che è bene che dialoghino anche con la formazione ma per fare formazione e non per fare il lavoro del designer.

Prima di lasciarla e di ringraziarla per la su disponibilità, un'ultima domanda, che tra l'altro ho posto a tutti i relatori del convegno, quale è l'aspetto che magari trova originale o che l'ha maggiormente colpita e che l'ha spinta a partecipare alla nostra iniziativa?

Forse che sta partendo tutto insieme… cioè, in altri territori esistono le testate giornalistiche che ad un certo punto fanno anche i concorsi o che si abbinano ad iniziative tipo mostre… mi sembra che habitage sia nata con tutto insieme o quasi, nel senso che in poco tempo ha messo su il tutto e quindi mi incuriosisce molto vedere come si sviluppa. Potrebbe essere infatti interessante… Portare avanti queste tre attività (concorso, evento e rivista) contemporaneamente potrebbe risultare una formula diversa e innovativa dove un aspetto non è condizionato dall'altro, ma è molto legato all'altro. Non mi sembra infatti che in habitage ci sia un aspetto predominante, perché il desiderio di fare il concorso è paritetico a quello dello sviluppo della parte editoriale e dell'informazione.

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