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Vendita Sea, chiuse le indagini: sotto accusa Gamberale, Maia e un indiano

Accusa di turbativa d'asta: e spunta l'ipotesi che la società indiana sia stata "convinta" a non partecipare all'asta. In effetti l'offerta arrivò con alcuni minuti di ritardo

Torna alla ribalta la vendita a F2i di Sea: il procuratore Alfredo Robledo ha firmato l'avviso di chiusura indagini per Vito Gamberale (patron del fondo F2i), ma anche Mauro Maia (F2i, ora nel board di Sea) e Behari Sahai Vinod, manager indiano di cui finora nell'inchiesta non v'era traccia. L'accusa è di turbativa d'asta.

La vicenda giudiziaria si scatenò a partire da un'intercettazione effettuata dalla procura di Firenze, per altra inchiesta, che venne però inviata ai colleghi milanesi in quanto conteneva una possibile notizia di reato riguardo alla vendita, da parte del comune di Milano, di quote di Sea e/o Serravalle attraverso un'asta pubblica. Asta che aveva generato molte polemiche anche in consiglio comunale, con accuse all'allora assessore al bilancio Bruno Tabacci di avere in pratica "sotto quotato" le due società.

La gara venne vinta dal fondo F2i, che fece un'offerta soltanto per una quota di Sea (il 29,75%) a un euro in più rispetto alla base d'asta. F2i fu anche l'unico concorrente. La Srei Infrastructure Finance, società indiana che si era mostrata interessata, presentò infatti la sua offerta con alcuni minuti di ritardo a causa (si disse) dell'indirizzo sbagliato. E il comune di Milano, qualche giorno dopo, precisò anche che comunque l'offerta era incompleta e quindi non sarebbe stata in ogni caso accettata.

Secondo l'accusa, Maia, in concorso con Gamberale, ha colluso con Vinod (procuratore della società indiana) affinché si astenesse dal concorrere alla gara. Il fatto che la busta degli indiani pervenne con alcuni minuti di ritardo fa pensare "male". Sempre secondo l'accusa, il "prezzo" della collusione con gli indiani sarebbe stato quello di cedere una quota (massimo del 7%) di Sea alla società indiana a un prezzo pari a quello di aggiudicazione dell'asta da parte di F2i.

PROSCIOLTI - Nell'ottobre 2014, Vito Gambeale, Mauro Maia e Behari Sahai Vinoud sono stati prosciolti dalle accuse perché "il fatto non sussiste". Il giudice milanese Anna Maria Zamagni non ha riscontrato, negli atti del pm, una qualunque prova che vi sia stata collusione. Al contrario, il rialzio di un solo euro sulla base d'asta da parte di F2i è stato ritenuto logico sulla base del valore d'asta, superiore al prezzo di mercato, tanto che nel board di F2i non tutti erano d'accordo inizialmente sulla partecipazione. E l'incompletezza e il ritardo dell'offerta indiana sono elementi che non depongono a favore della collusione, perché semmai calamitano l'attenzione sulla cosa. Se gli indiani fossero stati collusi, questa la conclusione logica del giudice, semplicemente non avrebbero partecipato. La società indiana piuttosto, presentando un'offerta con caratteristiche diverse da quelle previste dal bando, molto probabilmente sperava che la gara andasse deserta e/o che il comune procedesse con trattativa privata, possibilità prevista dallo stesso bando. 

L'incontro che si è svolto il 12 dicembre 2011 tra le parti è stato giudicato tutt'altro che collusivo. Poiché il bando lo permetteva, il fine dell'incontro da parte di F2i era di proporre agli indiani una collaborazione per una partecipazione congiunta, al termine della quale gli indiani sarebbero entrati in possesso di una quota di Sea giudicata però da loro troppo bassa per poter intavolare una trattativa in vista della collaborazione. Dunque nessuna proposta di colludere per non partecipare, ma una proposta (legittima) di collaborazione rifiutata dagli indiani.

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