Cromatismi e-motivi
a cura di Matteo Galbiati
dal 9 al
Inaugurazione mercoledì 4 aprile 2018 ore 17.30
Teseo Arte
Corso Italia 14, Milano
Il lavoro di Candiani si caratterizza per una spiccata sensibilità per il divenire mutevole del colore che, con di-segni spesso ripetuti in raffinato equilibrio di calligrafismi cangianti, appare mutevole e iridescente: tra dimensione meditata a lungo e un fare colmo di istinto consapevole, Candiani cerca, quindi, di far affiorare nel vuoto-pieno della tela l'armonia del tutto.
La sua pittura si manifesta come un continuo e costante, infaticabile, rinnovarsi da e in se stessa; originatasi da un'esplorazione vivacemente (ma pure brutalmente) Romantica del paesaggio, arriva poi a generare uno s-composto susseguirsi di segni ridotti al minimo della loro essenza, condizionati da un’altra concezione di spazio-tempo, tesa verso un altrove non ir-rappresentabile.
Il suo sguardo insegue una mano che con il colore non langue nel virtuosismo compiaciuto, ma prosegue nell’infaticabile orizzonte del proprio pensiero dove traccia segni di una pulsazione cinetica, mobile, di un flusso di tensioni di opposti – silenzio e rumore, vuoto e pieno, ombra e luce, rilievo e profondità, … – che lambiscono la loro concordia in un nuovo luogo-ambiente di piena armonia, la quale accoglie e ripropone allo sguardo dell'altro il ritmo della sua intima ri-trovata bellezza.
Sul suo lavoro, di cui si sono occupati, tra gli altri, Jean Blanchaert, Gillo Dorfles, Philippe Daverio e Marisa Vescovo, annota nel suo saggio critico Matteo Galbiati, curatore della mostra:
“[…] Le sue pennellate, quindi, hanno assunto una struttura talmente definita e sintetica, da non poter rinunciare alla pratica segnica come verifica delle infinite modulazioni o possibilità della sua incessante voglia di registrare la pulsioni interiori, le angosce e le gioie, i drammi e le bellezze dell'emozione umana. Il timbro del suo fare dispone un firmamento di "note" emotive che, ripetute come un mantra, rinnovano tela dopo tela, un processo globale di testimonianza dell'inesprimibile pulsare della vita. È l'artista a diventare il fulcro per una trasmissione allo sguardo di quanto riesce ad individuare oltre la figura tangibile, oltre la cortina del vero, per assecondare e verificare i dati profondi dell'esistenza intima. Tra conosciuto e da conoscere, la sua intuizione agisce da condensatore sensibile, da epicentro emersivo di quel metamorfico, eruttivo e propulsivo, meccanismo che è l'animo umano. […]”
Le sue narrazioni rappresentano l'eterno dubbio dell'artificio pittorico, ovvero quella naturale propensione di cercare un diverso confine del visibile, che sia capace di traghettare sguardo e mente oltre la superficie limitata del quadro.