Finissage della mostra di tapparini al bistruccio di milano giovedì 16 gennaio
Surreali, a volte goffi, fortemente simbolici e portatori di una nuova prospettiva estetica, libera dai condizionamenti della società dei consumi, insistono nel coltivare nuovi territori del futuro.
Sono i protagonisti delle tele della personale “La terra di mezzo” di Vittorio Tapparini in esposizione presso lo spazio Bistruccio, in via Andrea Maffei 1 a Milano.
La mostra si chiuderà con un finissage alla presenza dell’artista il 16 gennaio alle ore 19:00.
L’artista salentino è stato ospite di Bistruccio a Milano con una delle ultime sue collezioni pop, costruita su tele ad olio di piccole dimensioni popolate da utopie colorate che ricalcano i sogni più profondi dell’uomo: in ogni didascalia infatti si spiega il pensiero positivo di cui il quadro si fa portatore.
In barba agli astrattismi e ai concettualismi verso i quali la pittura ha ormai da troppo tempo virato, Tapparini in queste tele torna al dipinto puro, surreale e figurativo, fatto di strati di olio e di pensiero, con il desiderio di riportare nelle nostre vite i colori perduti e l’emozione della speranza, quelle sfumature di sogni e felicità che, da qualche parte, albergano in ognuno di noi.
“La terra di mezzo” è per Tapparini il luogo che ospita la necessità di un cambiamento, espresso chiaramente nella voglia di movimento dei suoi personaggi che si spostano in vespa, in barca, in bicicletta, in auto, sul cavallo a dondolo, o che giocano con le emozioni più intime. Tutti esprimono l’esplicita ricerca di superare il presente e di andare avanti, verso una vita più colorata e aperta a larghe vedute. È questa terra la “zona franca” di Tapparini, la terra del coraggio in cui conoscere la parte più vera di noi, sgangherata e imperfetta, ma libera.
Due domande all’artista:
Maestro che cos’è la sua “Terra di mezzo”?
“Il Salento che mi porto dentro. Portare a Milano la mia "terra di mezzo" significa evadere dalla mia città e mostrare le bellezze del mio Sud in una città a misura d'Europa. È un momento di passaggio, mio personale e da un punto di vista artistico: è nella favola, la mia, nella visione più romantica e anche più reale e poetica della vita. È il luogo in cui ho riscoperto le mie origini, perché a volte cercare lontano non serve se le cose le hai già dentro di te. E credo sia anche, artisticamente parlando, una visione molto contemporanea della realtà”.
L’uso del simbolo, del colore e della figura nell’arte contemporanea: per lei che cosa sta cambiando?
“Sta cambiando per me l’idea che ci sia più voglia di vita, di bellezza, di poesia, di verità e meno di astrattezza e negatività. Ha ragione Kandisky quando dice: “Ogni dipinto è poesia perché la poesia non è fatta soltanto di parole, ma anche di colori organizzati e composti. La pittura è quindi una creazione poetica e pittorica”. Ecco allora che il ritorno alla pittura pura è un ritorno alla voglia di vivere, di superare tanta bruttezza e tanto dolore che ci circonda e che da anni descriviamo nell’arte. Credo che ora sia tempo di una stagione nuova in cui le arti in generale siano chiamate a riformulare un nuovo Rinascimento. E da dove si ricomincia se non c’è un nuovo racconto?”.
Pittore e scultore, nato a Lecce il 22 luglio del 1961, figlio d’arte, ha una storia ricca di partecipazioni in rassegne d’arte e personali nazionali e internazionali che segna l’evoluzione del suo percorso narrativo dall’informale ad un personalissimo espressionismo pop.
Lo spazio Workness è una realtà multidisciplinare nel cuore di Milano che nasce dal desiderio di mettere al centro la persona: il lavoro, l'arte, i sapori e l'anima sportiva.