'Scannasurice': "al Piccolo la storia del femminiello che batteva ai Quartieri Spagnoli"
Scannasurice, lo spettacolo sul 'Femminiello' che si prostituiva nei Quartieri Spagnoli di Napoli, sarà in scena al Piccolo Teatro Grassi dal 14 al 19 maggio. La pièce, che nel 1982 segnò il debutto di Enzo Moscato come autore e interprete, diventando ben presto un classico del teatro contemporaneo italiano, viene riproposta a distanza di trentasei anni dal primo allestimento con l’attenta e rigorosa regia di Carlo Cerciello.
Sinossi
Scannasurice, nella pluripremiata interpretazione di Imma Villa, è una ‘misteriosofica’ discesa agli Inferi che attraversa la ferita della napoletanità. Così lo definisce l’autore Enzo Moscato e così lo intende e restituisce il regista Carlo Cerciello nel riproporla. Il titolo, letteralmente scanna topi, fa riferimento a un vecchio fondaco partenopeo nel labirinto dei
Quartieri Spagnoli e, più precisamente, a quei tuguri che anticamente gli artigiani usavano bonificare dai ratti a colpi di spadone. L’azione narrata si sviluppa in una di queste squallide stamberghe. Racconta un terremoto metaforico, la perdita di futuro seguita al sisma del 1980, ma anche quello esistenziale che attraversa il protagonista. Scannasurice è, infatti, anche il nome del personaggio principale, un femminiello dei Quartieri Spagnoli, che fa la vita, ‘batte’. Vive in una stamberga, piena di cianfrusaglie e immondizia e parla con i topi con cui ha un rapporto di amore e odio. Senza un’identità sessuale, metafora di incompletezza e inadeguatezza, “creature mitologiche, quasi magiche” come solo i femminielli di Moscato sanno essere.
In una lingua napoletana lirica e suggestiva, la creatura a metà tra l’osceno e il sublime, distilla imprecazioni esilaranti, filastrocche popolari e antiche memorie in un’affascinante alternanza di ritmi e sonorità. Considerato rivoluzionario nella drammaturgia contemporanea napoletana, Scannasurice avvia il fondamentale discorso sulla lingua che caratterizza il teatro di Enzo Moscato ed è tra i testi che hanno segnato l’inizio della nuova drammaturgia del dopo-Eduardo. Una lingua colta e allusiva che, nelle sue originali costruzioni sintattiche e semantiche, si rende strumento evidente di una radicale frattura rispetto alla tradizione, letteraria, teatrale e scenica.