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Milano, la città "vietata" a fascisti e razzisti

Approvato in Comune l'ordine del giorno: "Raduni vietati a chi non rispetta la Costituzione"

Nessuno spazio, nessun patrocinio, nessun contributo "di qualunque natura": il comune di Milano "mette al bando" le organizzazioni fasciste e neofasciste. 

La decisione è stata presa dall'amministrazione meneghina giovedì sera, quando il consiglio comunale ha discusso l'ordine del giorno - primo firmatario David Gentili del gruppo "Insieme" - che invitava "il sindaco e la giunta a non concedere spazi, patrocini, contribuiti di qualunque natura a coloro i quali non garantiscono di rispettare i valori della Costituzione, professando o praticando comportamenti fascisti". 

L'estrema destra al Maggiore - Foto

L''ordine è stato approvato con trentuno voti favorevoli - la maggioranza, Milano in comune e M5s - e due contrari, due consiglieri di Forza Italia, mentre la Lega e gli altri partiti di opposizione sono usciti dall'aula al momento della decisione. 

"Esprimo la nostra grande soddisfazione", le prime parole dello stesso Gentili, che ha poi chiarito: "L’ordine del giorno vincola l'assegnazione ad organizzazioni e realtà associative spazi, suolo, contributi e finanziamenti, alla sottoscrizione di una dichiarazione nella quale il rappresentante legale garantisce, conscio del rilievo penale di una dichiarazione falsa, che la sua organizzazione si riconosce nei valori e nei principi fondanti della Costituzione Italiana repubblicana e antifascista e non professa o promuove comportamenti e idee fasciste, razziste o che discriminano persone per orientamento o identità di genere".

In sostanza, quindi, tutte le associazioni che vorranno avere uno spazio ufficiale e legale in città dovranno professarsi antifasciste e antirazziste.

La richiesta di una decisione del genere era arrivata dopo che, nei mesi scorsi, l'estrema destra aveva fatto sentire tutto il suo peso a Milano, con una escalation evidente di forza e presenza. 

Il 29 aprile 2017, nonostante appelli e divieti, in più di mille avevano sfilato al Campo X del Cimitero Maggiore - tra bracci tesi e saluti romani - per salutare i caduti repubblichini. Poco dopo, gli stessi manifestanti, tra cui tanti esponenti di Casapound e Lealtà Azione, si erano spostati sotto casa di Sergio Ramelli, il giovane militante di destra ucciso nel 1975 da alcuni ragazzi di Avanguardia Operaia. Il 1 novembre le scene si erano ripetute, anche se in tono minore. Alcune decine di persone - presente questa volta Forza Nuova - si erano radunate ancora al Maggiore per omaggiare i "nostri morti". 

Video | Il blitz di Casapound in Comune a Milano

blitz casapound comune-2

A giugno, poi, era arrivata forse la prova di forza più importante: attivisti di Casapound avevano improvvisato un blitz a palazzo Marino - tra volantini e qualche saluto romano - per chiedere le dimissioni del sindaco Beppe Sala per il suo coinvolgimento nell'inchiesta sui fondi Expo. Pochi minuti dopo, gli stessi manifestanti si erano scontrati con i centri sociali che si trovavano in piazza della Scala per una manifestazione autorizzata. 

Giovedì, dopo la richiesta di parte del consiglio comunale, è arrivato il giro di vite, che - ha esultato l'Anpi - "è un importante passo avanti" fatto da "Milano, capitale della Resistenza, per contrastare la sempre più preoccupante deriva xenofoba, razzista e neofascista".

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