rotate-mobile
Politica

Mantovani ai domiciliari. Il pm: «In carcere lo visitano troppi politici»

L'esponente di Forza Italia è stato arrestato il 13 ottobre. Il rischio è quello della «concertazione di versioni difensive»: per la procura, stando a casa vedrà meno persone

Va ai domiciliari l'esponente di Forza Italia Mario Mantovani, arrestato il 13 ottobre mentre era in carica come vice presidente della regione Lombardia. L'uomo è accusato di concussione, corruzione e turbativa d'asta per varie vicende legate alla sua posizione di (ex) assessore regionale alla sanità.

I domiciliari sono stati concessi lunedì 23 novembre dal gip Stefania Pepe. Mantovani li sconterà nella sua abitazione di Arconate.

Il tribunale di Milano ha quindi di fatto cambiato idea, visto che il gip e il riesame avevano precedentemente negato i domiciliari. Perché? La ragione si può intuire dalla richiesta di domiciliari, avanzata non dalla difesa ma dall'accusa, precisamente dal pm Giovanni Polizzi, titolare dell'inchiesta.

Mantovani, che è ovviamente indagato, veniva visitato da troppe persone in carcere. Parlamentari, consiglieri regionali, colleghi di partito. «Al di fuori del controllo dell'autorità giudiziaria», scrive il pm nella richiesta. Il gip vuole sapere quali "fatti nuovi" abbiano fatto cambiare idea alla procura, e la risposta è paradossale. Per il pm, la custodia cautelare è ancora necessaria perché c'è il rischio di «concertazioni di versioni difensive». Che significa: se Mantovani viene liberato, può mettersi d'accordo con altri su cosa dire e come dirlo.

Ecco allora il paradosso: poiché nei fatti troppa gente fa visita all'indagato in carcere, meglio mandarlo ai domiciliari.

"La pletora di parlamentari, esponenti di partito, colleghi e consiglieri regionali che rendono visita pressoché quotidianamente all'indagato Mantovani, al di fuori del controllo dell'autorità giudiziaria, rende paradossalmente la situazione degli arresti domiciliari, più tutelata sotto il profilo del controllo dei contatti dello stesso Mantovani". Il "paradosso " che mette nero su bianco il pm Giovanni Polizzi, titolare dell'inchiesta sugli appalti pilotati, manda così ai domicilari l'ex vicepresidente ed ex assessore alla Sanità in Regione. "Ora dimostrerò la mia innocenza", dice subito dopo la scarcerazione Mantovani, recluso a San Vittore dal 13 ottobre con il suo segretario Giacomo Di Capua e il funzionario del Provveditorato alle opere pubbliche, Angelo Bianchi, per corruzione, concussione e turbativa d'asta. Lo scorso venerdì, il pm Polizzi consegna al gip Stefania Pepe, che aveva già respinto altre richieste di scarcerazione per il politico, il proprio consenso alla modifica della misura cautelare. Il gip chiede però alla procura quali siano i fatti nuovi che rendono adeguati i domiciliari. E il pm spiega che "il consulente tecnico e il Nucleo di Polizia tributaria della Gdf" hanno accertato "che la documentazione digitale e cartacea raccolta deve ritenersi esaustiva". Resta invece, scrive il pm, "il rischio di concertazioni di versioni difensive che, insieme col pericolo di reiterazione dei reati motiva la necessità di mantere la misura custodiale". Ed è a questo punto che è rappresentato il paradosso: per evitare che vengano "concertate strumentali versioni difensive" tra gli indagati, per Mantovani sono meglio gli arresti domiciliari del carcere

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Mantovani ai domiciliari. Il pm: «In carcere lo visitano troppi politici»

MilanoToday è in caricamento