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Cannabis terapeutica e testamento biologico: la Regione affossa le proposte popolari

Il consiglio regionale ha deliberato di non discutere i progetti di legge d'iniziativa popolare. Festeggia De Corato, attacco dal centrosinistra

Tra gli effetti della fine della legislatura regionale, l'affossamento di due provvedimenti (sulla cannabis terapeutica e sul registro dei testamenti biologici) che provengono da proposte di legge d'iniziativa popolare, con tanto di cittadini lombardi che hanno firmato perché venissero presentate. Entrambe le proposte sono rimaste bloccate nelle commissioni competenti, nonostante il regolamento consigliare imponga al presidente del consiglio regionale di inserirle nell'ordine del giorno dei lavori d'aula dopo novanta giorni. Scaduti, per la cannabis terapeutica, nel maggio del 2016

L'utilizzo di cannabis terapeutica negli ospedali, per un numero ristretto di malattie, deve essere regolato da una legge regionale ad hoc, che in Lombardia non c'è ancora. Eppure ad inizio dicembre 2016 sembrava che il presidente dell'aula, il centrista Raffaele Cattaneo, intendesse calendarizzare finalmente le due proposte. Il partito di Cattaneo (Alternativa Popolare, che in Lombardia si chiamava Lombardia Popolare) si è nel frattempo spaccato in due, in vista delle elezioni (politiche e regionali) del 2018, con una parte (guidata dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin) che si alleerà col centrosinistra ed un'altra (tra cui anche lo stesso Cattaneo) che invece si unirà al centrodestra.

Proprio dall'area di destra, e in particolare da Riccardo De Corato di Fratelli d'Italia, sono sempre arrivati i maggiori strali contro la legge sulla cannabis terapeutica, da lui definita l'anticamera della legalizzazione. Anche a dicembre, a fronte della promessa di Cattaneo di calendarizzare la proposta di legge (necessaria, lo ripetiamo, per attenersi alla possibilità nazionale di curarsi con la marijuana negli ospedali), l'esponente di destra aveva tuonato evocando i tre casi di bambini intossicati dall'hashish.

«Per l'uso terapeutico della cannabis, si sarebbe potuto fare una discussione nel merito poiché erano stati presentati dei progetti di legge di iniziativa consiliare tra cui quello del Pd e perché atuttoggi i pazienti lombardi affetti da gravi malattie per utilizzare i prodotti della cannabis ad uso terapeutico devono pagare di tasca propria. La maggioranza è stata rinunciataria su questo provvedimento come su quello del testamento biologico, che rimane un tabù», dichiarano Sara Valmaggi e Carlo Borghetti del Pd sulla scelta in extremis di non discutere i due progetti di legge.

Dello stesso stampo il commento di Roberto Bruni (gruppo Gori Presidente), secondo cui «si sarebbe potuto abbinare le proposte d'iniziativa popolare ai progetti di legge sugli stessi temi presentati dal centrosinistra e dal Movimento 5 Stelle. La verità è che il centrodestra le ha lasciate volutamente dormire per mesi, infrangendo le sue stesse regole, per sottrarsi a un dibattito chiesto a gran voce da molti cittadini lombardi».

Da De Corato, invece, soddisfazione. Ricordando i tre bambini finiti all'ospedale per un'intossicazione da Thc, ha affermato che «se questo succede quando ancora le droghe cosiddette leggere non sono legalizzate, figuriamoci cosa potrebbe accadere con la liberalizzazione. Avevamo promesso ostruzionismo duro contro questo progetto di legge».

Durissima, al contrario, Chiara Cremonesi di Lombardia Progressista (ex Sel): «Dopo essersi rifiutata in questi anni di discuterle nei tempi previsti, la maggioranza ha chiuso definitivamente le porte con arroganza alle migliaia di cittadini che avevano sottoscritto le due proposte. Questo centrodestra si dimostra ancora una volta imbavagliato da un’ideologia che non riconosce nemmeno quanto sostiene la scienza, e cioè che la cannabis può alleviare le sofferenze di alcuni malati, e da un oscurantismo che vuole negare alle persone una libera scelta sul proprio fine vita. E lo fa addirittura ostacolando con ogni mezzo possibile uno strumento democratico previsto dallo stesso statuto regionale. La qual cosa rende il tutto ancor più grave».

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