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Martedì, 16 Aprile 2024
Politica

Pd e Islam, lo strappo di Maryan Ismail: dimissioni polemiche dal partito

La lettera inviata a Renzi dalla dirigente del Pd, molto critica nei confronti di Sumaya Abdel Qader

Primo problema post-elettorale per il Partito Democratico, all'indomani della presentazione della giunta di Giuseppe Sala: Maryan Ismail, membro della segreteria metropolitana del Pd, lascia il partito. Lo fa con una lettera inviata al segretario Matteo Renzi. Una lettera pacata ma ferma, in cui ripercorre le ultime vicende che l'hanno vista (direttamente o indirettamente) coinvolta nella politica cittadina.

Ismail è di origine somala, è musulmana e si autodefinisce «laica e progressista». La sua polemica con il Pd è iniziata nel corso del 2015, quando ha criticato il bando sui nuovi luoghi di culto (tra cui due islamici) fortemente voluto dalla giunta di Giuliano Pisapia. Ed è proseguita quando - per le elezioni comunali nel 2016 - si è vista sostanzialmente contrapposta, in lista, con Sumaya Abdel Qader, musulmana di origine palestinese, che - a dire di Ismail - professa un islamismo «ortodosso e conservatore». Per la cronaca, Sumaya è stata eletta grazie al premio di maggioranza, mentre Ismail no.

«Il sindaco Sala ha più volte dichiarato che sarà Abdel Qader l'interlocutrice per la costruzione della controversa moschea», scrive ora Ismail nella sua lettera a Renzi, ricordando alcuni episodi durante la campagna elettorale nei quali Sala ha effettivamente dovuto giustificare la presenza in lista di Sumaya, attaccata per esempio perché la madre, nel 2014, aveva postato su Facebook la fotografia di un miliziano palestinese appartenente ad una presunta organizzazione terroristica.

«Dunque, il Pd milanese ha scelto di interloquire con la parte minoritaria ortodossa ed oscurantista dell'Islam», continua Ismail, «chiudendo il dialogo alla parte che esige la separazione tra politica e religione. Le anime dell'Islam moderno, plurale e inclusivo non sono state ascoltate». Di qui le dimissioni dal partito: «Sono sicura che da libera cittadina, svincolata dai lacciuoli di bassissimi equilibri locali di partito, potrò promuovere l'Islam in cui credo e che mi appassiona tramite il dialogo e lo scambio con i miei concittadini per ottenere l'attenzione e il rispetto che la mia religione si merita».

Maryan Ismail - nella sua lettera di dimissioni - sottolinea anche indirettamente il ruolo che potrebbero aver avuto presunti finanziatori della moschea che sarebbe dovuta nascere al posto del Palasharp, quando scrive di considerasi parte di «un Islam numericamente maggioritario, purtroppo finanziariamente inesistente e dunque totalmente inascoltato».

Il centrodestra ha subito colto la palla al balzo per attaccare la maggioranza di Palazzo Marino. «Le dimissioni di Maryan Ismail svelano la politica del Pd verso il mondo musulmano. Le sue accuse confermano la scelta estremista del Pd che a parole esprime vicinanza al mondo moderato musulmano ma per logiche elettorali porta avanti rappresentanti e idee legate all'Islam più radicale», afferma Silvia Sardone, consigliera comunale di Forza Italia.

Apertura a Ismail da parte di Stefano Parisi, già candidato sindaco del centrodestra: «A Milano, come in tutte le grandi metropoli europee, non possiamo permetterci di non dire parole chiare sui temi che tu poni», scrive su Facebook rivolgendosi direttamente a lei: «Non possiamo correre il rischio di dare un ruolo da protagonisti alle minoranze ortodosse legate all'Islam politico ampiamente finanziate dalla Fratellanza Musulmana: questo a presidio della nostra sicurezza e della nostra libertà religiosa».

Getta acqua sul fuoco Sumaya Abdel Qader, che afferma: «Continuo a rispettare Maryan Ismail e le darò una mano qualora volesse parlare con me». E sul tema della moschea: «Tutti i musulmani devono essere coinvolti in questo percorso, anche lei. E' una musulmana come gli altri, quindi avrà diritto di proporre le sue idee».

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