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Ucraina al voto per le elezioni presidenziali: in migliaia al consolato a Milano

Il secondo turno è previsto per il 21 aprile. Al ballottaggio il comico Zelensky e il presidente uscente Poroshenko. Solo terza la Tymoshenko

Migliaia di ucraini residenti in tutto il Nord Italia hanno votato, domenica 31 marzo, presso il consolato milanese di via Ludovico di Breme per l'elezione diretta del presidente. Il secondo turno di ballottaggio si terrà il 21 aprile. Le altre sedi italiane sono il consolato a Napoli e l'ambasciata a Roma.

La via è stata bloccata dalle forze dell'ordine per tutto il giorno per consentire le operazioni di voto, con la registrazione all'esterno in appositi gazebo e poi il voto nei locali del consolato. Tutto si è svolto senza particolari problemi: nessun episodio di rilievo da segnalare.

Erano tre i principali candidati alle presidenziali: il Capo dello Stato uscente Petro Poroshenko, l'ex primo ministro Yulia Tymoshenko e il comico televisivo Volodymyr Zelensky, che secondo gli exit poll diffusi nel pomeriggio è in testa con circa il 30% dei voti. Segue Poroshenko (che quindi andrà al ballottaggio) ed è solo terza la Tymoshenko. Tra gli altri candidati (erano circa 40 a contendersi la poltrona), supera il 10% l'ex ministro dell'Energia Yuriy Boiko, apertamente filorusso tanto da avere incontrato il premier della Federazione Russa Dmitri Medvedev prima del voto; poi l'ex ministro della Difesa Anatoliy Hrytsenko (sostenuto dal partito Posizione Civile, affiliato ai liberaldemocratici europei) e Oleg Lyashko (leader del Partito Radicale ucraino, di stampo populista conservatore).

Nel 2014, dopo le proteste di Maidan, Petro Poroshenko vinse al primo turno con il 54,7%. Yulia Tymoshenko arrivò seconda (12,8%), Oleg Lyashko terzo (8,3%). Hrytsenko, quarto, si fermò al 5,5% e Yuriy Boiko, che non era il candidato ufficiale dei filorussi, conquistò meno dell'1% dei consensi.

Elezioni presidenziali in Ucraina: i temi

Il presidente ucraino è responsabile della politica estera, della difesa e della sicurezza. In campagna elettorale ha dominato il tema della guerra in Donbass, della Crimea ancora occupata dalla Russia e dei rapporti con il Cremlino. In particolare Zelensky (volto nuovo della politica, subito associato a Beppe Grillo sia per il comune mestiere sia per la discesa in campo con slogan populisti) è considerato, tra i tre principali candidati, il più "morbido" nei confronti del governo russo, con cui vorrebbe instaurare un dialogo per risolvere il conflitto nella parte più orientale dell'Ucraina.

Una certa accondiscendenza verso il Cremlino è imputata anche alla Tymoshenko, accusata poi di non voler accettare le riforme chieste dal Fondo Monetario Internazionale in cambio dei finanziamenti. Chi non vuole ridare fiducia, infine, al presidente uscente Poroshenko lo addita per non avere ancora risolto né il conflitto in Donbass («ma la fine del conflitto dipende solo da Putin», risponde qualcuno) né la corruzione nel Paese, e per avere accresciuto la povertà generale, pur con un Pil in ripresa da qualche anno. 

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