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Scritta Family Day sul Pirellone, consigliera Pd: «Denuncia per peculato»

Secondo Iardino, sarebbero stati spesi soldi pubblici per fini «personali e propagandistici» di una manifestazione «odiosa»

Non si placa il dibattito sulla scritta "Family Day" apparsa venerdì sera sul Pirellone, in seguito alla decisione della giunta lombarda di partecipare al Family Day del 30 gennaio a Roma, contro il disegno di legge Cirinnà che introduce in Italia le unioni civili e la stepchild adoption.

Se nei social è stato un "tripudio" di contro-scritte, con la consueta ironia con cui solitamente il web risponde a questo genere di iniziative oggettivamente controverse, la politica continua a discuterne polemicamente. Così, ad esempio, Umberto Ambrosoli, capo dell'opposizione regionale e consigliere del Patto Civico, annuncia che il suo gruppo non parteciperà ai lavori delle commissioni «finché non sarà fatta chiarezza sull'utilizzo della sede istituzionale».

Il Pirellone è infatti la sede del consiglio regionale e non della giunta, la cui sede è Palazzo Lombardia. «Finché non sarà chiarito almeno l'aspetto della vicenda che riguarda direttamente il ruolo del consiglio rispetto alle 'istruzioni' della giunta, non prenderemo parte ad alcuna attività nelle commissioni», si legge nella nota del Patto Civico. Per Ambrosoli, il presidente del consiglio regionale Raffaele Cattaneo avrebbe dovuto rifiutarsi di accendere le luci.

«Se sul Pirellone fosse apparsa la scritta luminosa "Gay Pride", nessuno avrebbe obiettato alcunché. Ma è sufficiente schierarsi a favore della famiglia, per scatenare polemiche senza senso. Siamo stanchi di questa cultura razzista e intollerante nei confronti della maggior parte della popolazione. Il Patto Civico ha deciso di non partecipare più alle commissioni? Ce ne faremo una ragione», è la replica di Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega Nord.

E contro la scritta luminosa scende in campo anche Rosaria Iardino, consigliera comunale e di area metropolitana del Pd, che annuncia la possibilità di un esposto alla magistratura con l'accusa di peculato: «La maggioranza regionale non può utilizzare le strutture pubbliche per propri fini propagandistici», afferma Iardino, definendo «odiosa» l'iniziativa del Family Day e spiegando che i soldi pubblici dell'illuminazione sono stati spesi «a fini personali e propagandistici».

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