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Gay Pride, il leghista si astiene: la Lombardia nega il patrocinio

Il vice presidente Cecchetti, fino al 2016, votava a favore del patrocinio e difendeva il Gay Pride. Nel 2017 si astiene ed è polemica: "Effetto Salvini", dicono le opposizioni

Il gay pride milanese, previsto il 24 giugno 2017, non avrà il patrocinio regionale. Il voto, che come sempre spettava all'ufficio di presidenza del consiglio regionale, è arrivato lunedì 15 maggio. L'ago della bilancia, come tutti gli anni, era il leghista Fabrizio Cecchetti, vice presidente dell'aula, che di solito votava a favore. Questa volta, invece, si è astenuto. 

Così sono stati neutralizzati i due voti favorevoli, ovvero dell'altra vice presidente Sara Valmaggi (Pd) e di Eugenio Casalino (M5s), mentre altri due hanno votato contro: il centrista Raffaele Cattaneo, presidente del consiglio regionale, e Daniela Maroni (Lista Maroni Presidente). 

«La scelta della Regione di dissociarsi da un pride che ha come motto "Diritti senza Confine", che cerca quindi di buttare la luce sul tragedie spesso dimenticate ma anche su violazioni di diritti che esulano dal solo mondo Lgbti, assume una valenza politica ancora più forte», reagiscono Dario Belmonte (tesoriere di Certi Diritti) e Barbara Bonvicini (segretaria dell'Associazione radicale Enzo Tortora). 

«E' la nuova linea leghista, l'effetto Salvini», tuona Chiara Cremonesi, consigliera regionale di Sel: «L’avvicinarsi della campagna elettorale si fa già sentire concretamente. E a pagarne le spese per primi sono i diritti civili, ancora una volta maltrattati da questa maggioranza che in materia si è sempre mostrata oscurantista».

Di tutt'altro avviso il centrodestra: «Quest'anno ha prevalso la ragione», commenta Riccardo De Corato di Fdi: «I valori del centrodestra sono molto chiari su questo argomento e si indirizzano alla protezione della famiglia tradizionale e non all’apertura a matrimoni gay e ad adozioni da parte di due papà o due mamme. E' giusto che emerga questo messaggio, a cui teniamo molto».

Nel 2014 e nel 2015, al contrario, il patrocinio era passato grazie al voto favorevole di Cecchetti. Che per questo fu investito dalla polemica interna alla Lega Nord. Nel 2014, per esempio, il consigliere comunale milanese Massimiliano Bastoni stigmatizzò il voto favorevole del suo collega di partito e definì la Pride Week «un evento contro la morale e violento».

E non possono non tornare alla mente le parole con cui Cecchetti, ad esempio nel 2015, difendeva il suo voto favorevole. «I diritti non si misurano. Se c'è una fetta di società che reclama attenzione, è compito del Legislatore anche ascoltare e poi eventualmente normare quello che il tempo e i costumi hanno modificato e cambiato», scriveva all'epoca in una nota. E poi ricordava che «si tratta di cittadini lombardi come tutti gli altri, per i quali le istituzioni non possono voltare la testa dall'altra parte solo perché esprimono una sessualità diversa».

La Lega Nord era già salviniana, ma forse oggi la nuova identità sovranista, nazionalista e lepenista è più consolidata e lascia meno spazio ad aperture sui diritti civili. E il diretto interessato, Cecchetti, prova a difendersi affermando che «in questi anni sono stati fatti grossi passi in avanti in materia di diritti civili», riferendosi alla Legge Cirinnà: «Nel 2017 non ha più senso aprire nuove polemiche pretestuose su questo tema». Polemiche che, è bene ribadirlo, erano state aperte dal suo schieramento e dal suo partito, quando aveva voato a favore.

Ed infatti Cecchetti ricorda anche le «strumentalizzazioni e divisioni» generate dalla sua posizione in passato. «Ora, con l'approvazione di una legge nazionale sui diritti civili, la situazione è cambiata e non ho alcuna intenzione di prestarmi nuovamente al gioco della polemica», conclude. 

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