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Referendum, la Lega "trema": sondaggio, "spesa inutile" per più di un elettore su due

I risultati del sondaggio non sono del tutto ottimistici per il Carroccio

Poco utile e con una spesa non giustificata. Questo l'esito di un sondaggio sul referendum sull'autonomia indetto da Lombardia e Veneto per il 22 ottobre, commissionato a Swg dalla Lega Nord che adesso è preoccupata per il risultato delle interviste. Il referendum (con quesiti leggermente diversi) chiede, in sostanza, il "mandato" a trattare col Governo nazionale su due punti: tenere per sé le risorse necessarie a implementare politiche pubbliche sulle aree di competenza regionale, ed eventualmente ottenere ulteriori competenze, sempre nell'ambito della Costituzione.

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La consultazione (sostenuta dal centrodestra, dal Movimento 5 Stelle e da diversi esponenti del Pd) viene ritenuta utile ad ottenere qualche risultato dal 45% degli elettori intervistati nel Nord-Est del Paese e dal 41% degli elettori nel Nord-Ovest. Poco o per nulla utile, rispettivamente, per il 48% e per il 51% degli elettori. Preoccupa al Carroccio anche un secondo dato, quello sulla spesa che verrà sostenuta per il referendum. Una spesa inutile per il 52% nel Nord-Est e per il 56% nel Nord-Ovest. Spesa che, per la cronaca, ammonterà a circa 14 milioni per il Veneto e circa 24 milioni per la Lombardia.

Tuttavia gli elettori del Nord-Est (56%) e del Nord-Ovest (51%) ritengono che in definitiva sia stato «giusto» indire le consultazioni. E', questa, l'unica risposta che in qualche modo tranquillizza il Carroccio, che - due settimane dal voto - deve vedersela con diverse questioni aperte. Anzitutto il fatto che alcuni imprenditori (Luciano Benetton e Matteo Marzotto fra tutti) abbiano deciso di smarcarsi pubblicamente dal referendum, spiegando che non andranno a votare. La loro opinione può "pesare". 

E poi la polemica interna al "fronte sovranista": la segretaria nazionale di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni si è espressa contro i referendum, definendoli una operazione di propaganda, nonostante le dirigenze locali di Fdi siano impegnate a sostenere le consultazioni. Il governatore lombardo Roberto Maroni ha minacciato di mettere in dubbio l'alleanza a livello locale, mentre i massimi esponenti lombardi di Fdi hanno rimarcato che l'unità nazionale non si tocca e non si deve toccare.

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Qualche esponente leghista, in effetti, ha cercato di inserire i referendum nella "onda lunga" dei fatti di Catalogna, la "comunitad" spagnola in procinto (sembra) di dichiarare l'indipendenza unilaterale dopo i fatti dell'1 ottobre, quando il referendum indipendentista ha visto la Guardia Civil schierata a Barcellona (e in altre località catalane) per cercare d'impedire il voto. 

Un collegamento che, oltre a indispettire Fdi, non piace nemmeno a diversi leghisti, che lo ritengono inopportuno sia perché potrebbe alienare qualche simpatia sia perché la linea politica della Lega a guida Matteo Salvini è tutt'altro che indipendentista. La strategia leghista, oltre che sulla campagna pubblicitaria, passa ora anche per i sindaci del territorio, che hanno inviato lettere ai cittadini per invitarli a votare. Uno, addirittura, ha scritto che «votare è anche un dovere», cosa che per i referendum non è proprio esatta.

Il dubbio principale che scuote gli elettori è quello dell'alternativa della trattativa diretta, prevista dalla Costituzione. La replica leghista è che un mandato popolare dà più forza alla Regione durante la trattativa, che sarà comunque necessaria per ottenere più autonomia. 

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