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Politica

Corruzione: per "lady sorriso" sequestro da due milioni e mezzo di euro

Maria Canegrati, imprenditirice nel settore cliniche odontoiatriche, e le sue "folli spese"

In un negozio d'arte ci si è recata cinque volte e ha speso 54.300 euro. In un negozio d'abbigliamento, per cinque "visite", 90 mila euro di spese. E così via. Carabinieri e guardia di finanza hanno minuziosamente ricostruito i modi in cui Maria Paola Canegrati, "lady sorriso", ha speso i soldi delle società di cui era socia, attraverso l'uso delle carte di credito aziendali. 

La vicenda è nota: Canegrati, imprenditrice nel settore delle cliniche odontoiatriche, serviva in "outsourcing" diversi ospedali lombardi fornendo loro appunto il servizio di cure dentistiche. Tra gli altri, l'azienda ospedaliera di Desio e Vimercate e gli istituti clinici di perfezionamento (Buzzi, Cto, Bassini di Cinisello Balsamo e Città di Sesto). Le carte dell'inchiesta dicono che la Canegrati ottenesse questi appalti in parte con opere di corruzione nei confronti di politici (tra cui il "padre" della riforma sanitaria regionale, il leghista Fabio Rizzi) e altre persone.

Gli investigatori, quando hanno arrestato la Canegrati, hanno acquisito documenti cartacei che, ora, hanno portato al sequestro di beni per circa due milioni e mezzo di euro. L'imprenditrice risponde ora anche di truffa e di tentata truffa aggravata: sostanzialmente avrebbe "duplicato" le prestazioni odontoiatriche per ottenere (ingiustamente) rimborsi gonfiati dal sistema sanitario della regione. Il "raddoppio" delle prestazioni veniva trascritto sulla ricetta da consegnare al paziente da parte di medici organici alle società della Canegrati, che lavoravano in "outsourcing" presso gli ospedali. In altre parole, a tutti gli effetti per i pazienti quelli erano medici "ospedalieri", di cui fidarsi quasi ciecamente.

Naturalmente, perché la truffa andasse a buon fine, occorreva che non vi fosse, o vi fosse soltanto un blando controllo a posteriori tra le prestazioni effetivamente erogate e quelle di cui si chiedeva il rimborso. Truffati di fatto anche i soci delle aziende della Canegrati, che peraltro aveva venduto gran parte delle sue quote poco prima di finire arrestata. 

La Canegrati risponde anche di appropriazione indebita: distraeva infatti almeno parte dei profitti così ingiustamente guadagnati verso una società immobiliare di cui aveva la proprietà, al fine di acquistare beni immobiliari, oppure semplicemente li spendeva utilizzando le carte di credito aziendali. 

Spese molto ingenti, come abbiamo visto all'inizio. Orologi e gioielli nelle migliori oreficerie di Milano, ma anche vestiti e pelletteria in negozi di Meda, Como e Monza. E poi i quadri, nelle gallerie d'arte. In tutto gli investigatori hanno rintracciato beni per due milioni e mezzo di euro, acquistati dopo la fine del 2010 (prima, qualunque acquisto è ormai prescritto). Ma non escludono che alcuni oggetti fossero comprati dall'imprenditrice non per uso personale ma a scopo di regalo, per continuare ad alimentare il sistema corruttivo. 

Emersa infine l'evasione fiscale con la complicità del suo commercialista, già finito sotto inchiesta nel filone principale delle indagini.

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