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Il M5s traballa a Milano e perde un consigliere a Palazzo Marino: l'addio di Sollazzo

Alla base dell'addio ci sono contrasti con gli esponenti nazionali: "hanno ignorato gli attivisti e tradito il mandato elettorale"

Perde un pezzo il Movimento 5 Stelle di Milano. Il consigliere comunale Simone Sollazzo, eletto nel 2016 insieme a Patrizia Bedori e Gianluca Corrado, ha deciso di lasciare il partito di Casaleggio. L'addio è stato comunicato attraverso una nota dai toni accesi resa pubblica nella notte tra domenica e lunedì 27 aprile. Sollazzo non è il solo che ha lasciato il M5s: insieme a lui hanno detto addio al Movimento anche Giuseppe Ventura (consigliere di Municipio 1), Cristina Russo (consigliara di Municipio 6) e Marco Cardillo (consigliere comunale di Cornaredo).

"Dopo mesi nei quali i vertici del Movimento hanno ignorato gli attivisti e tradito il mandato elettorale, non possiamo più identificarci in un simbolo e con un gruppo che ha snaturato quelli che erano i nostri principi fondativi, primo fra tutti quello di essere stati eletti per 'portare la voce' dei cittadini nelle istituzioni — si legge nel comunicato firmato dai quattro politici —. Noi continueremo ad essere coerenti con le promesse fatte. Per questo non possiamo più accettare di stare con quelli che, invece di cambiare l’Italia, non hanno cambiato nulla, diventando la stampella parlamentare delle vecchie forze politiche e rinnegando le ragioni per le quali erano stati eletti". 

I quattro politici locali non hanno utilizzato mezzi termini nell'annunciare il loro addio: "Il Movimento 5 stelle è diventato il luogo dove le scelte sono elaborate da ignoti e calate dall'alto per essere solo ratificate e si deve solo lavorare e tacere — si legge nella nota —. È un treno impazzito che lascia a terra chiunque si discosti dal pensiero unico dei capi. Pensiero ratificato attraverso il metodo Rousseau, attuato in stile di orwelliana memoria, dove il trattamento dei dati degli iscritti ha sollevato dubbi e contestazioni anche in sede istituzionale da parte del Garante, dove i processi decisionali sono divenuti di fatto inaccessibili a coloro (siano essi attivisti o portavoce) posti fuori da vari cerchi magici venutisi a creare in questi anni. È la grande truffa della Democrazia Diretta".

Il quartetto ha precisato che il loro gesto "è la fine di un lungo percorso" e non "una resa incondizionata né un capriccio per ricerca di attenzione dopo una serie di valutazioni e richieste di ascolto vergognosamente messe in un angolo".

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