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"Comprò una schiava sessuale bambina": i Sentinelli contro la statua di Montanelli ai Giardini Pubblici

L'associazione chiede anche di intitolare a qualcun altro il parco. De Marchi (Pd): "Giusto discuterne"

Via la statua di Indro Montanelli ai Giardini Pubblici e soprattutto via l'intitolazione degli stessi giardini al giornalista che fondò il "Giornale" a metà degli anni Settanta. Il perché è presto detto: ai tempi della guerra in Etiopia, il giovane Montanelli ebbe in moglie una bambina eritrea di dodici anni. Lo chiedono i Sentinelli di Milano, in una lettera aperta indirizzata al sindaco Beppe Sala e ai consiglieri comunali, sottolineando che la statua e l'intitolazione sarebbero una «offesa alla città e ai suoi valori democratici e antirazzisti».

Secondo i Sentinelli, il giornalista «fino alla fine dei suoi giorni ha rivendicato con orgoglio il fatto di avere comprato e sposato una bambina eritrea di dodici anni perché gli facesse da schiava sessuale, durante l'aggressione del regime fascista all'Etiopia». Una vicenda che l'associazione ricollega alle recentissime, spontanee proteste in ogni città, compresa Milano, dopo l'uccisione di George Floyd a Minneapolis da parte di un agente di polizia.

I Sentinelli ricordano che, a Bristol, durante una di queste manifestazioni, i militanti di Black Lives Matter hanno abbattuto la statua in bronzo dedicata a Edward Colston, mercante e anche commerciante di schiavi dall'Africa. Secondo l'associazione sarebbe opportuno che Milano ripensasse all'intitolazione dei giardini per dedicarli «a qualcuno che sia più degno di rappresentare la storia e la memoria della nostra città Medaglia d'Oro della Resistenza» e rimuovesse di conseguenza la statua, inaugurata il 22 maggio 2006 dal sindaco di centrodestra Gabriele Albertini.

Montanelli, a più riprese, non negò mai la verità dell'episodio, evidenziando che a quel tempo le donne erano già "tali" a età adolescenziali, e che quella sorta di contratto matrimoniale era espressamente richiesta dagli alti in grado locali dei battaglioni; che le mogli degli ascari li raggiungevano con la biancheria pulita ogni quindici giorni, e che non vi era mai stata, a suo dire, alcuna violenza.  L'8 marzo 2019, durante il corteo femminista per la Giornata internazionale della donna, le militanti di "Non una di meno" hanno imbrattato con una vernice rosa la statua per denunciare il passato da militare del giornalista legato alla vicenda della sposa dodicenne eritrea e dichiarando che «non si è trattato di un atto di vandalismo, me di riscatto».

Reazioni: «Giusto discuterne», «no, occupiamoci di cose serie»

La proposta è stata subito accolta da Diana De Marchi, consigliera comunale del Partito democratico e presidente della commissione pari opportunità: «Farò in modo che se ne discuta in consiglio», ha commentato. «Quando ci viene presentata una proposta noi siamo sempre pronti ad accoglierla e discuterne, soprattutto quando tocca i temi dei diritti e della dignità delle persone. Le motivazioni della richiesta di rimuovere la statua le riconosco come valide perché quella è stata una brutta pagina della nostra storia. Vanno indagate le motivazioni che hanno portato all’intitolazione e valutare se siano ancora valide oggi».

Voce critica dal centrosinistra quella di Marco Fumagalli, capogruppo di Alleanza Civica per Milano (l'erede della lista Sala): «Condanniamo il razzismo in altri modi. Prendersela con i postumi e i presunti cari defunti rimane un esercizio irrilevante. Prendersela con una statua o con un Montanelli ora per la sua condotta indegna e esecrabile di un passato indegno e esecrabile, credo sia una operazione forzosa. Paragonarlo a un mercante di schiavi inoltre mi sembra eccessivo. Abbattere una statua che accoglie qualche uccello non restituisce alle coscienze il senso della protesta per una causa giusta. Diventa più importante l’atto e il riverbero di chi l’ha pensato».

E' favorevole alla rimoozione Patrizia Bedori del Movimento 5 Stelle: «Quello che Montanelli ha fatto in Etiopia è raccapricciante, anche come poi lo ha raccontato. Sono assolutamente d'accordo nell’aprire un dibattito sull'opportunità più che di togliere la statua e di intitolare i giardini di porta Venezia a qualcuno che si sia contraddistinto per una grande etica e morale come Borsellino e Falcone, persone di cui andare fieri».

Nettamente contraria Forza Italia. «Prima le militanti femministe, ora i Sentinelli: a cadenza regolare qualche gruppo di sinistra lancia strali contro la statua di Montanelli, appellandosi a bizzarri episodi del secolo scorso. Spero vivamente che il consiglio comunale, che non si riunisce in aula da mesi, eviti di occuparsi di amenità simili», afferma Gianluca Comazzi. «Indro Montanelli è stato un gigante del giornalismo italiano, oltre che uno dei maggiori testimoni e divulgatori della storia del ‘900. Mi auguro che in consiglio comunale il Partito democratico si occupi di cose serie, visto anche il periodo; la statua di Montanelli la si lasci dov’è».

Contrario alla rimozione della statua anche Roberto Cenati, presidente dell'Anpi provinciale di Milano, secondo cui «bisogna ricordarsi una cosa che forse è stata dimenticata: nel 1977 Indro Montanelli, giornalista dei più noti e più letti, è stato gambizzato dalle Brigate Rosse. Questo forse viene trascurato. Montanelli ha sbagliato e nessuno lo nega, lui stesso ha fatto retromarcia sulla questione. Queste polemiche non hanno senso. Lo stesso vale per quanto avvenuto a Londra, dove hanno sfregiato la statua di Churchill dimenticando che senza quell’uomo oggi avremmo nazisti da tutte le parti».

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