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Zambetti: chiesto per lui il processo con rito immediato

Potrebbe essere processato a breve Domenico Zambetti, ex assessore regionale: su di lui pende l'accusa di voto di scambio. Stessa sorte per altri 17 arrestati

La Procura di Milano ha 'tirato le fila' dell'inchiesta che, pochi mesi fa, ha assestato il colpo definitivo al Pirellone, già travolto da una serie di scandali, portando all'azzeramento della Giunta Formigoni e allo scioglimento del Consiglio regionale, con le conseguenti elezioni dello scorso febbraio.

Il pm della Dda milanese Giuseppe D'Amico, infatti, ha chiesto il processo con rito immediato per l'ex assessore lombardo, Domenico Zambetti, che si trova in carcere dallo scorso 10 ottobre per un'accusa davvero pesante per un politico: voto di scambio con la 'ndrangheta. Il pm ha chiesto, dunque, che l'ex assessore alla Casa del Pirellone vada a processo subito, saltando la fase dell'udienza preliminare, assieme ad altre 17 persone, tra cui numerosi presunti boss e affiliati delle cosche in Lombardia.

Ora toccherà al gip Alessandro Santangelo, che firmò l'ordinanza di custodia cautelare, decidere se accogliere o meno l'istanza di immediato per i 18 imputati, i quali poi, dopo aver letto gli atti, potranno anche scegliere di essere giudicati con rito abbreviato. Secondo le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal pm D'Amico, l'ex assessore del Pdl avrebbe ottenuto circa 4 mila voti dalla 'ndrangheta in cambio di 200 mila euro in contanti e di assunzioni e promesse di appalti. L'inchiesta aveva accertato, tra le altre cose, che la figlia del presunto boss Eugenio Costantino era stata assunta all'Aler, l'azienda lombarda di edilizia residenziale.

Sarebbe stato, secondo gli inquirenti, proprio Costantino uno degli "ambasciatori" delle cosche che, assieme a Giuseppe D'Agostino (per entrambi è stato chiesto l'immediato), avrebbe stretto con Zambetti (accusato anche di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione) un vero e proprio "patto" tra mafia e politica: un accordo, come si legge nelle carte dell'inchiesta, tra "il cartello unitario delle principali famiglie mafiose della 'ndrangheta lombarda'' e l'allora esponente del Pirellone.

Gli investigatori, nell'ambito delle indagini, hanno anche rintracciato una registrazione che testimonierebbe come il politico fosse finito sotto ricatto. "Io con te - avrebbe detto Costantino a Zambetti, nel febbraio 2012 - un accordo l'ho già fatto due anni e mezzo fa e quell'accordo, Mimmo, verrà rispettato fino all'esasperazione". Zambetti, invece, assitito dagli avvocati Corrado Limentani e Giuseppe Cusumano, negli interrogatori si è difeso sostenendo di non aver mai comprato i voti delle cosche, ma anzi di aver subito minacce e di essere stato costretto a pagare e a fare promesse e favori.

Lo scorso novembre era stato sentito a verbale come teste anche Formigoni, il quale aveva spiegato che "se non ci fosse stato l'intervento di Rotondi (l'ex ministro, ndr), con il peso politico che egli ha all'interno del Pdl, non avrei inserito Zambetti in Giunta". Nell'inchiesta, infine, era emersa anche l'ombra delle cosche sui voti per Sara Giudice (non indagata), la giovane figlia dell'ex consigliere comunale Vincenzo Giudice, che creò la campagna 'anti-Nicole Minetti'. La Procura ha stralciato la posizione dei 18 per cui è stato chiesto il rito immediato, tra cui Ambrogio Crespi (fratello di Luigi, l'ex sondaggista di Berlusconi), mentre per gli altri indagati si procederà con rito ordinario.

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