"La vera Milano che ho conosciuto"
Gentile direttore, sono Salvatore D’Elia, scrivo da Lamezia Terme in provincia di Catanzaro. Ho 31 anni. Ho studiato e lavorato per quattro anni a Milano, come tanti giovani calabresi. Dopo una breve tappa a Roma, stringendo i denti e consapevole delle tante difficoltà a cui sarei andato incontro, sono rientrato in Calabria da gennaio 2012. Il fatto stesso che un calabrese, non più da tempo residente a Milano, sia un lettore quotidiano del suo giornale è un primo segnale del forte legame che ancora oggi ho con la vostra città, dove ho trascorso anni belli, di crescita umana e professionale, di apertura al mondo e alle diversità, opportunità che poche città come Milano riescono a garantire a chi ha il piacere di risiedervi per qualche tempo. Per questo mi piace essere aggiornato quotidianamente su ciò che accade in quella che sento ancora in parte come la “mia città”. In questi mesi di pandemia, ho pensato tanto a Milano. Mi ferisce, da italiano soprattutto, vedere Piazza Duomo vuota, le strade deserte, soprattutto mi fa male vedere quel flusso inarrestabile di vita che contraddistingue la vostra città momentaneamente sospeso. E mi fa ancora più male il clima di questi giorni che tenta di ritirare fuori la contrapposizione Nord- Sud, strumentalizzando un dramma che ha colpito e stroncato la vita di tantissime persone, senza guardare in faccia nessuno, senza fermarsi di fronte a confini geografici, senza guardare a differenze economiche o culturali. Ma questo dibattito surreale, un po’ come il virus, va isolato. Va isolato perché appartiene a cerchie ristrette, che abitano i salotti televisivi o le vaste praterie dell’autoreferenzialità dei social, e non ha nulla in comune con la vita reale, con il Paese reale. Con la Milano reale che ho conosciuto io. Vita reale sono i ragazzi che dal Sud sono arrivati al Nord in questi giorni per lavorare negli ospedali e combattere la più grande delle battaglie dal secondo dopoguerra ad oggi per il nostro Paese. Vita reale sono i pazienti di Bergamo guariti, che qualche giorno fa hanno lasciato l’ospedale di Catanzaro e con le lacrime agli occhi hanno detto il loro grazie ai medici calabresi. Vita reale è una Milano che, come io posso testimoniare con orgoglio, accoglie da decenni e decenni giovani da tutta Italia, persone che vogliono realizzare percorsi di formazione e professionali, persone che coltivano sogni e talenti e offre loro delle opportunità, senza fare distinzioni. La Milano “vera”, la Lombardia “vera”, conosciuta solo da chi ha il piacere di viverci qualche anno. Quante volte in questi giorni ho ripensato alla Milano che ho conosciuto, agli angoli più nascosti, a quei quartieri dove, a differenza di come spesso può essere rappresentata una grande metropoli europea, c’è una vita di comunità, fatta di associazionismo, parrocchie, di tanti cittadini capaci di trasferire quella stessa determinazione, tipicamente milanese, di raggiungere gli obiettivi prefissati nella solidarietà e nell’aiuto agli altri. Dalla Calabria, mai come in questo momento voglio dire grazie a Milano per quanto mi ha dato in quegli anni. Con il desiderio di tornare prima possibile, magari per una corsetta ai Giardini della Guastalla, mio passatempo sportivo preferito soprattutto in questo periodo dell’anno. E un augurio dal cuore: Milano, resisti! Sono certo che Milano si rialzerà con la determinazione propria dei milanesi e quella “testardaggine” positiva anche di tanti calabresi che da Milano hanno ricevuto tanto e a Milano hanno dato tanto
Salvatore D’Elia