Piazza del Liberty e l'Apple
Piazza del Liberty ha riaperto nel 2014 dopo due anni di lavori ed ora un nuova ristrutturazione, o per dirla con anglofono provincialismo, un nuovo restyling, ricomincerà daccapo. Non so quanto sia costato l'odierno assetto della piazzetta ma, considerato che è durato poco più di un paio d'anni, la conseguenza più diretta è stata uno spreco di denaro pubblico.
Il Colosso d'oltre Atlantico, vero dominatore di coscienze e tasche del nostro tempo, desiderava da tempo un suo punto vendita a Milano, e finalmente l'ha ottenuto. Sorrido nel leggere che Steve Jobs si era innamorato della nostra città e che aprire un negozio qui da noi avrebbe coronato il suo sogno. Noi milanesi non possiamo reggere il confronto. Dalla nostra abbiamo solo un antico amore per Milano ma ai nostri sogni manca il capitale. Tutto l'amore collettivo di cui siamo capaci e tutte le speranze, forse più umili ma immense nella loro dignità, riposte all'ombra della Madonnina, divengono irrisorie di fronte ai desideri di un potente imprenditore straniero che di questa città nulla sapeva.
Da Cupertino si affrettano a tranquillizzarci, promettendo che valorizzeranno la piazza: rimarrà un luogo pubblico, fatto e pensato per la città. Una clamorosa mazzata alla semantica dove tornaconto diviene sinonimo di filantropia. E rimanendo in tema di significante e significato, ormai da tempo separati in casa, alla definizione di piazza, il dizionario riporta: "Spazio urbano, di forma variabile, più o meno ampio, delimitato da edifici".
Forse dovrei cominciare a portare gli occhiali ma dai progetti mi pare che la piccola mela sbocconcellata abbia dato un gran bel morso al suddetto spazio, lasciando un enorme buco dove un tempo c'era la pavimentazione della piazza: anzi, uno scivolo dove i potenziali clienti possano rotolare come biglie verso il negozio: anche se non ci vorrai entrare, ci cadrai dentro. Questo mega scivolo viene prima chiamato "lunga scalinata" e dopo," anfiteatro naturale". Non mi considero un uomo colto ma le parole usate solo perché ce ne piace il suono o l'effetto, mi irritano profondamente. Spacciarcelo per anfiteatro, costituisce già di suo una forzatura linguistica oltre che una presa in giro concreta ma naturale, ovvero scavato dagli agenti atmosferici; se portiamo pazienza, in un paio di ere geologiche dovremmo riuscire a vederlo.
Non esiste una denominazione urbanistica per come diverrà Piazza del Liberty. Magari la inventeranno in seguito ma di certo non sarà più una piazza. Infine, dopo aver definito "viali" i due ridicoli corridoi che rimarranno ai lati (viali in una piazza?), ci rabboniscono, in antitesi totale con i loro prodotti che limitano l'immaginazione e i processi cognitivi, illustrandoci le potenziali esperienze di intrattenimento ed educazione per la comunità locale, neanche fossimo una tribù di indigeni isolata, venuta per la prima volta a contatto con la civiltà.
Una città fondata nel 623 A. C., rassicurata culturalmente da un'azienda nata nel 1976 D. C…Deve essermi sfuggito qualcosa. Intanto, una volta chiuso anche l'Apollo, staremo a vedere quanto durerà l'Odeon: vivere in centro ed essere costretto ad andare al cinema in periferia era uno dei miei più grandi desideri. Ci considerano degli imbecilli. Si rivolgono a noi come fossimo imbecilli e, considerato l'ottimo lavoro svolto finora dalla mastodontica azienda, un giorno forse lo diventeremo davvero. Ma fino a quel momento, perché non provare ad opporsi? Non per retorica anti capitalista o intolleranza verso il nuovo ma come esseri senzienti, capaci di ragionare autonomamente e ancora in grado di attribuire un valore radicato ed inviolabile a se stessi e alla propria città, precluso a chiunque tenti di monetizzarlo o contabilizzarlo. Nell'arco della nostra millenaria storia, le più grandi conquiste le abbiamo ottenute dicendo: "No, non vi permetteremo di farlo." La servile filosofia degli "yes man" non ci è mai appartenuta. Almeno sino ad oggi. Riccardo Rossetti