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Centri commerciali e ristoranti vicini allo stadio, procedura più semplice col voto del Pgt

Il consiglio comunale approva una semplificazione in vista delle nuove funzioni commerciali per sostenere economicamente opere come un nuovo stadio. Ed è polemica

Il piano di governo del territorio di Milano "apre" al nuovo stadio. Il consiglio comunale ha infatti approvato un emendamento di maggioranza con cui si mette nero su bianco che in tre aree specifiche, riservate a "grandi funzioni urbane", sarà possibile autorizzare una struttura di vendita di grandi dimensioni senza una variante urbanistica, a patto che la struttura di vendita serva a sostenere economicamente la la grande funzione urbana stessa.

Traduciamolo in parole più semplici. Se un privato è disposto a realizzare, per esempio, uno stadio, ma vuole anche creare un centro commerciale o un cinema multisala per adeguare i ricavi almeno al minimo indispensabile, in quelle tre aree potrà farlo senza che si debba intervenire con una variante urbanistica.

L'esempio dello stadio non è peregrino, perché è proprio pensando a un "tempio" per il calcio e i concerti che i consiglieri comunali di maggioranza, a partire da Franco D'Alfonso della Lista Sala, hanno lavorato al testo dell'emendamento. Le tre zone scelte, non a caso, sono quelle dell'ex Trotto (a fianco del Meazza), di Ronchetto e di Porto di Mare.

L'ex Trotto è in particolare nel "mirino" di Milan e Inter per realizzare strutture di vendita che affianchino lo stadio di San Siro aumentandone così i ricavi, condizione vista come ormai non più procrastinabile per adeguare la storia delle due società calcistiche milanesi alla realtà europea con cui, necessariamente, devono confrontarsi. Anzi, considerando il numero di stadi moderni nelle città d'Europa, siamo veramente già troppo in ritardo su questo.

L'assessore all'urbanistica Pierfrancesco Maran ha cercato di rassicurare gli scettici, spiegando che al momento non c'è un accordo con i due club, e ha anche ricordato che il Pgt dovrà tornare in aula consiliare tra sei mesi, per cui al momento qualunque decisione, pur nero su bianco, non è definitiva. 

Le polemiche: "Regalo ai privati", "mostri di cemento"

L'emendamento è passato con il voto contrario di Basilio Rizzo (opposizione di estrema sinistra), del Movimento 5 Stelle e di Carlo Monguzzi (unica "defezione" nel Partito Democratico), mentre il centrodestra si è astenuto. Pietro Tatarella di Forza Italia ha posto l'accento in particolare sul rischio che il futuro del Meazza sia l'abbandono e, magari, la demolizione, ma non è stata accettata una sua proposta di porre un vincolo per non demolire l'attuale stadio.

Basilio Rizzo ha parlato di "norma fatta ad hoc per due operatori privati", un concetto ripreso (anche se con accenti diversi) da Matteo Forte di Milano Popolare (centrodestra), secondo cui "si tenta di cucire un vestito su misura, partendo dall'autorizzazione di un centro commerciale". "Si autorizza a scatola chiusa la costruzione di mostri di cemento che stritoleranno ancor di più artigiani e piccoli imprenditori", ha invece protestato Patrizia Bedori del Movimento 5 Stelle.

Diversa l'opinione di Natascia Tosoni (Milano Progressista), secondo cui la regola sulle grandi funzioni urbane, oltre a preservare piazza d'Armi da sviluppi commerciali, "raccoglie un'opportunità reale di riqualificazione dell'area di San Siro" e "consegna alla politica la responsabilità di valutare la presenza di commercio per le altre grandi funzioni a prevalente proprietà pubblica. Ora occorre, ad esempio per San Siro, sfruttare il periodo delle osservazioni al Pgt per aprire un ribattito pubblico sulla vocazione dell'area e anche sulla funzione sociale che il calcio e lo sport possono giocare per la città".

La "telenovela" del nuovo stadio

Quella del nuovo stadio a Milano è una telenovela che dura da tanti anni. Almeno dieci. All'inizio fu l'Inter a indagare possibili localizzazioni, poi il Milan pigiò sull'acceleratore e partecipò alla manifestazione d'interesse per l'area del Portello di proprietà di Fiera Milano. La vinse, ma tutto finì quasi subito per via di divergenze con la proprietà sul carotaggio per esaminare il terreno in vista della bonifica.

Poi cambiarono gli assetti societari di entrambi i club. Ora la situazione è fluida, ma le "ultime" notizie parlano dell'intenzione di Milan e Inter di restare a San Siro a patto che venga loro permesso di realizzare funzioni commerciali a fianco dello stadio, nell'area ormai non più destinata al trotto, per riequilibrare i ricavi a quelli dei competitor europei.

I due club non avrebbero del tutto abbandonato l'ipotesi di abbattere il Meazza (al limite per ricostruirlo proprio per ricostruirlo dov'è ora). Anche se ci vuole più tempo e ci vogliono più soldi. E bisognerebbe superare, inevitabilmente, il dispiacere di vedere abbattuta la Scala del calcio. Un dispiacere che unirebbe, ne siamo certi, entrambe le "curve" di Milano.

Sala: "Preferirei il vecchio stadio ma capisco i club"

"Se dovessi scegliere, preferirei che i due club lavorassero sull'impianto esistente", ha commentato il sindaco Beppe Sala il giorno dopo l'approvazione dell'emendamento: "Ma è chiaro che Milan e Inter rispondono, dal loro punto di vista giustamente, che non è semplice gestire un campionato o più con i lavori in corso e di conseguenza hanno anche prospettato l’idea di costruire un nuovo stadio di fianco a San Siro".

"Quello che ci chiedono - ha proseguito - è di aiutarli a rendere sostenibile un investimento importante, in un caso o nell’altro, avendo la possibilità di sviluppi immobiliari intorno all'area. Lo faremo nelle regole. Questo è il motivo per cui si è inserita nel dibattito del Pgt la questione di San Siro".

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