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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Barconi sui Navigli “sotto sfratto”, la rabbia del proprietario: “Questo è il mio lavoro” | Video

Prima le grate, messe e rimosse. Poi, il nuovo “blitz”, con lo stesso obiettivo. 

Non si ferma la “guerra” tra il comune di Milano e i proprietari dei barconi sui Navigli, che - così ha stabilito il Tar - dovevano essere chiusi entro il 31 maggio. Uno dei titolari aveva tentato - all'inizio di giugno - la carta della richiesta di sospensiva, sempre al Tar, che però aveva rigettato la “domanda” pur non sentenziando nel merito del ricorso.

Giovedì pomeriggio, l’ultima - per ora - puntata. Verso le 14, tecnici del demanio e agenti della polizia locale - come già fatto lo scorso 9 agosto - si sono presentati davanti agli ingressi dei barconi, in compagnia di un fabbro, per chiudere tutti gli accessi. 

Navigli, sigilli ai barconi dei ristoranti

A quel punto, immediata, è scattata la reazione dei proprietari, che sono riusciti a evitare - almeno per il momento - la chiusura. “Ci hanno identificati - racconta uno di loro - e ci hanno detto che faranno una relazione nella quale sottolineano che abbiamo impedito l’atto”. 

“La sentenza - le ragioni dei proprietari dei barconi, spiegate a MilanoToday - stabilisce che il barcone non ha la concessione e che non può stare lì, non che comune e Demanio hanno il diritto di chiudere l’accesso a quella che in ogni caso è una proprietà privata”. 

Quella dei barconi sui Navigli è una storia che ormai si trascina da anni, tra concessioni, licenze - al momento ancora non ritirate, sottolineano i titolari - e veri e propri tentativi di sgomberi. 

Nel 1985 la gestione delle acque dei Navigli era totalmente in capo alla Regione, che aveva dato la concessione per i barconi ritirandola però l'anno successivo. Da lì in poi una guerra di carte bollate. Nel 1995, per esempio, il Pirellone aveva stabilito che i Navigli fossero un bene di "archeologia industriale" e aveva motivato in questo modo l'ennesima ingiunzione a eliminare i barconi.

Nel frattempo, però, le acque sono passate alla gestione del Comune di Milano e nel 2009 è stata rifiutata la regolarizzazione delle concessioni perché i barconi sono stati considerati incompatibili con “la qualità monumentale dei siti, la navigazione turistica e i lavori di sistemazione delle sponde”.

L’ultima spinta alla demolizione è invece la direttiva Bolkestein dell'Unione Europea, che prevede che ogni spazio demaniale o pubblico sia messo a bando. Comprese, naturalmente, le acque dei Navigli.

Tra direttive, sentenze e richieste, però, i barconi hanno continuato a lavorare e a dare lavoro. E il comune dal canto suo - assicurano i proprietari - ha continuato a incassare il canone annuale per l’occupazione del suolo pubblico. 

“Il comune non ci ha mai dato la concessione - attacca uno degli esercenti -, ma intanto prendeva i soldi per l’occupazione. Ma a questo punto, dato che non abbiamo la concessione, perché non ci hanno revocato la licenza per produrre e somministrare?. Basterebbe - chiede - darci l’opportunità di essere in regola, anche perché volendo l’amministrazione può derogare alla Bolkenstein”. 

“Chiediamo soltanto - continua - che sia rispettata la legge e che siano rispettati i procedimenti perché noi a quel posto ci abbiamo dedicato la vita. Quindi vorremmo che quando qualcuno si presenta per eseguire un ordine, mostri almeno l’ordine, un atto che giustifichi quelle azioni”. 

“Questo è un atto di forza, considerando anche che siamo ad agosto”, le sue ultime parole. Quello, invece, come ha detto uno dei titolari agli agenti che volevano chiudere il barcone, è “il nostro lavoro, la mia fonte di reddito”. 

A quel punto, dopo uno scambio di opinioni concitato ma sempre civile e con toni pacati, gli agenti hanno deciso di andare via. 

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